Stefano Vladovich
I latrati dei suoi compagni lhanno fatto scattare come una molla. Billy, un grosso meticcio di cane da pastore, quando si è accorto delle fiamme ha fatto limpossibile per strappare a morte certa almeno tre dei suoi amici: Saltapicchio, Pippo e Briciola. Con le zampe anteriori ha divelto una rete che divide il suo recinto dagli altri. Poi ha afferrato con i denti Briciola, la più piccola dei tre, e lha portata in salvo mentre gli altri raggiungevano la cancellata dingresso. A quel punto, sfinito, si è accasciato a terra con il mantello bruciacchiato qua e là aspettando Peppe, il custode del rifugio per animali abbandonati «San Francesco» di don Nicolino Valeri. Tre cani arsi vivi, 36 vivi per miracolo assieme a 20 gatti, tutti ospiti di una struttura che va avanti solo grazie alla misericordia. E alla volontà di ferro di un prete che dall82, quando una donna innamorata degli animali gli ha lasciato in eredità tre ettari di sterpaglie tra la via del Mare e largine del Tevere. Siamo in un posto che per arrivarci non basta neppure un navigatore satellitare dellultima generazione. Allaltezza, più o meno, del chilometro 16 della statale numero 8, tra Vitinia e Casalbernocchi. Lentrata è nascosta dalla vegetazione, un cancello arrugginito con vista su vecchie gabbie e, soprattutto, i guaìti dei cani fanno intendere che si è giunti a destinazione. Laltra sera, proprio durante la finalissima dei mondiali, qualcuno, o qualcosa, ha appiccato un incendio. Giuseppe Conti, il gestore della struttura, era a casa ma non a vedere la partita. «Il calcio non mi interessa - confessa al Giornale - ma quando ho ricevuto la prima chiamata, verso le 21,30, ho pensato a uno scherzo e liquidato la persona in linea con un bel vaffa. Poi però, quando mi ha contattato il maresciallo dei carabinieri, mi sono precipitato. Quando sono arrivato era tutto finito, i vigili del fuoco avevano già spento il rogo. Billy mi è saltato addosso, come se mi volesse raccontare cosera accaduto. Poi ho visto Nerina e Lupo, 16 e 13 anni di età, morti fra quello che restava delle loro gabbie. Poveracci, brutta fine. Cosa potevo fare? Li ho sepolti qui vicino». Secondo gli uomini del 115 il rogo sarebbe partito dallinterno della struttura per cause tutte da accertare. Peppe, invece, pensa a un atto ben studiato. Da chi? Il proprietario, don Valeri, qualche sospetto ce lavrebbe pure ma ne avrebbe parlato soltanto con gli inquirenti che portano avanti le indagini. A chi darebbe fastidio il rifugio? Un luogo strano, seminascosto, a pochi metri da un tratto desolato dellantica via Ostiense scoperto per caso lanno scorso e che persino la Soprintendenza archeologica sembra aver dimenticato. «Non riesco a immaginare chi abbia potuto fare del male a queste bestie», conclude Conti che lavorava come volontario al Bioparco.
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