In seguito all’intervista di Antonio Martino sulle pagine del Giornale in cui l’ex ministro proponeva un’aliquota unica al 20%, pubblichiamo l’intervento di Daniele Capezzone (ora portavoce del Pdl, allora presidente della Commissione attività produttive della Camera) al Convegno "Un altro fisco è possibile: flat tax al 20%", da lui organizzato a Milano il 29 settembre 2007. Ai lavori parteciparono come relatori, tra gli altri, Antonio Martino, Franco Debenedetti, Alberto Mingardi e Oscar Giannino.
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di Daniele Capezzone*
Noi chiediamo di passare in 5 anni ad un’aliquota unica (flat tax) del 20%. Il costo sarebbe coperto da una riduzione della spesa pubblica (al netto della spesa per investimenti e per interessi sul debito) dell’1% annuo ( 5% in 5 anni), il che equivale a dire riduzione della spesa pubblica complessiva, calcolata in rapporto al Pil, dello 0,4% annuo (2% in 5 anni, dal 51 al 49%). Spieghiamo bene i dettagli. Attualmente, in Italia, la normativa vigente in materia di imposte sui redditi prevede 3 aliquote ( più una quarta per i «super- ricchi»), con aliquota minima al 23%. L’aliquota media,ossia il livello al quale un’eventuale flat tax lascerebbe invariato il gettito complessivo dell’imposta sui redditi, risulta invece pari al 27,1%. In altri termini, un’aliquota di flat tax ad un livello inferiore al 27,1% richiederebbe la copertura degli oneri (e andrebbe a beneficio dei contribuenti considerati nel loro complesso).
E solo un’aliquota inferiore al 23% andrebbe a beneficio, invece, di ciascuno dei contribuenti: di qui la nostra opzione per il 20%. Si dirà: ma una cosa del genere costa troppo, come può permettersela l’Italia? Premesso che tutte le stime non tengono conto dell'assai verosimile effetto di recupero di gettito legato all’emersione di nuova base imponibile che sarebbe procurata dalla flat tax (è la celebre questione della curva di Laffer, su cui Antonio Martino ha ancora una volta fornito spiegazioni definitive e convincenti); e premesso che all’aliquota unica si arriverebbe per gradi, per cui fino all’entrata a regime (fino al 5˚ anno), i costi annualizzati sarebbero anche inferiori; premesso tutto questo, dicevo, il costo annuo ipotizzabile sarebbe di 36 miliardi di euro. Ecco, questo costo- come si diceva all’inizio - potrebbe essere compensato con una riduzione della spesa pubblica (al netto della spesa per investimenti e per interessi sul debito) del 5%, pari a una riduzione della spesa pubblica complessiva, calcolata in rapporto al Pil, del 2%.
«Annualizzando» il discorso, e ipotizzando - appunto - di spalmare la riforma su un periodo di 5 anni, si può dire- pertanto - che il passaggio in cinque anni alla tassa piatta del 20% potrebbe avvenire a fronte di una riduzione della spesa pubblica totale del 2% in cinque anni, cioè dello 0,4% annuo (ossia dal 51% al 49%). E non si dica che, con una spesa pubblica al 51% del Pil (in Inghilterra sono circa al 35%, 16 punti sotto!!), non sarebbe possibile tagliarla di meno di mezzo punto all’anno. Ultima cosa: il problema della progressività. Abbiamo pensato anche a questo. Va infatti realizzata una rimodulazione del sistema delle detrazioni e delle deduzioni, nonché della no tax area, al fine di assicurare il rispetto del principio di progressività sancito dall’art. 53 della Costituzione ( in pratica: riduzione delle detrazioni e delle deduzioni per le fasce di reddito più alte, e aumento per le fasce più basse). Ecco, questo (insieme ad una ipotesi di federalismo fiscale competitivo, con un significativo trasferimento della potestà impositiva dal livello centrale a quello periferico, e con la possibilità anche di pervenire a diversità di livelli di pressione fiscale locale nei diversi territori, proprio per favorire la competizione) è il nucleo della nostra proposta fiscale. Ed ecco alcune forme di copertura possibili:
IMPRESE a) Abolizione dei trasferimenti ad imprese (spese correnti + investimenti): 14,5 miliardi annui dal 2008.
PROVINCE E COMUNITA' MONTANE b) Abolizione delle Province (escluse le spese di personale, quindi salvaguardando i dipendenti): 5 ,3 miliardi annui dal 2008. c) Abolizione delle comunità montane (escluse le spese di personale, quindi salvaguardando i dipendenti): 0,66 miliardi annui dal 2008.
PUBBLICA AMMINISTRAZIONE d) Blocco del turn-over nella PA: 8,5 miliardi nel 2008 e 12,75 mld annui dal 2009. e) Moratoria della contrattazione nel pubblico impiego: 6 miliardi nel 2008 e 9 miliardi nel 2009, e poi 12 miliardi annui dal 2010. f) Risoluzione del 70% delle consulenze PA: 2 miliardi nel 2008 e 3 miliardi annui dal 2009. g) Risoluzione del rapporto d'impiego dei precari PA: 4 miliardi nel 2008 e 6 miliardi annui dal 2009.
PENSIONI h)Innalzamento per tutti dell’ età pensionabile a 65 anni: - 1,0 mld nel 2011 - 1,5 mld nel 2012 - 2,7 mld nel 2013 - 3,5 mld nel 2014 - 4,0 mld nel 2015 - 7,0 mld annui dal 2018
IPOTESI DI COPERTURA FLAT TAX Per la copertura dei 36 miliardi di euro annui a regime (ossia dopo 5 anni dalla sua introduzione) della flat tax, questi sono alcuni dei mix possibili: Prima ipotesi: d+e+f+g = totale 33,75 miliardi annui dal 2010 (mix politicamente interessante, centrato sulla razionalizzazione della PA). Seconda ipotesi: a+b+c+d+f = totale 36,21 miliardi annui dal 2009 (non prevede il licenziamento dei precari della PA).
Terza ipotesi: a+b+c+e+f = 35,46 miliardi annui dal 2010 (non prevede il licenziamento dei precari della PA). Inoltre, se si fa subito la riforma delle pensioni (innalzamento a 65 anni per tutti) e si spalma la riforma della flat tax su un periodo più lungo, sono utilizzabili anche i risparmi crescenti di cui al punto h).
Insomma, la notizia è questa: la rivoluzione fiscale si può fare.
A nostro avviso, un abbassamento delle aliquote produrrà anche più gettito, ma noi abbiamo fatto lo sforzo di considerare lo scenario peggiore, quello in cui sia necessario immaginare una copertura. Bene, ne abbiamo immaginate tre. Chi ha più fantasia ne immagini altre. Ma non ci si dica che non si può fare.* portavoce Pdl
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