Scompenso cardiaco, la speranza da un vaccino protettivo: come funziona

Quando non causato da infarto sarebbe innescato da un meccanismo autoimmune per il quale si sta mettendo a punto un vaccino "tollerizzante": ecco di cosa si tratta

Scompenso cardiaco, la speranza da un vaccino protettivo: come funziona
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È una scoperta molto importante targata Irccs Istituto Clinico Humanitas che sta testando un prototipo di vaccino in grado di prevenire lo scompenso cardiaco nelle persone non infartuate e comumente chiamato "non ischemico" che deriverebbe da un meccanismo autoimmune del nostro organismo.

La ricerca

Bisogna innanzitutto dire che per scompenso cardiaco si intende l'incapacità del cuore di funzionare come "pompa" garantendo il giusto apporto di sangue in tutti gli organi. In Italia soffre di questa patologia il 2% della popolazione e diventa via via più frequente man mano che si invecchia fino al 15% dagli over 85. Nello studio pubblicato su Circulation Research viene spiegato il meccanismo delle cellule T, anche note come immunitarie, in grado di riconoscere le molecole che il cuore produce quando si trova sotto stress con l'attivazione di infiammazioni che ne peggiorano il quadro clinico. È in questo momento che le persone colpite sviluppano dei sintomi anche se l'infarto non avviene.

Come funziona il vaccino

Per far fronte a questo problema i ricercatori di Humanitas hanno preso le molecole che innescano la risposta autoimmune lavorando su un prototipo di vaccino chiamato "tollerizzante" perchè rispetto a tutti gli altri che servono a stimolare il nostro sistema immunitario nei confronti dei virus che lo attaccono, in questo caso arriva una specie di "istruzione" affinché la stimolazione non avvenga e il sistema immunitario, dunque, non reagisca contro le molecole del cuore. I primi test su modelli sperimentali sono molto promettenti: il vaccino è in grado di non innescare l'infiammazione migliorando la funzionalità del cuore.

"Risultato importante"

"Il lavoro dimostra per la prima volta che lo scompenso cardiaco non ischemico ha delle forti componenti auto-immuni: la sua progressione è guidata dal riconoscimento di specifiche molecole - i cosiddetti auto-antigeni - da parte dei linfociti T", hanno dichirato il professor Marinos Kallikourdis, associato di Humanitas University e responsabile del Laboratorio di Immunità Adattiva e il professor Gianluigi Condorelli, ordinario di Humanitas University, direttore del Programma di Ricerca in Cardiologia e del Cardio Center di IRCCS Istituto Clinico Humanitas. "Queste molecole sono sufficienti a produrre i sintomi,che a loro volta possono essere trattati agendo sul meccanismo di attivazione immunitaria".

Le prossime tappe

Questo è un risultato considerato molto importante dai ricercatori anche se per adesso si limita ai modelli sperimentali.

Ma quale futuro ci attende? "I prossimi passi - concludono i due docenti - saranno di validare quanto ottenuto in contesti clinici e proseguire nello sviluppo di modalità idonee per poter portare il nuovo set di soluzioni al letto del paziente in modo sicuro. Una strada lunga ma che vale la pena percorrere".

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