Nessun segno di pentimento, all’epoca, anzi, una sorta di trionfo tributato dal numero di clic dei naviganti che aveva contribuito a motivare gli studenti a inventarsi qualcosa di ancora più clamoroso, di più fotogenico, dal loro punto di vista. Nessuno che si sia posto il problema se quelle riprese potessero creare qualche problema, in primo luogo agli stessi ideatori. La rete, la pubblicità innanzitutto. La cosa più sconvolgente, comunque, riguarda l’incomprensibile vilipendio al crocifisso appeso alla parete della scuola superiore frequentata dai tre bulli in questione. Sì, perché dall’indagine è emerso che, emuli del famigerato Adel Smith (il musulmano che ebbe a definire «cadaverino» il simbolo della cristianità), i tre bellimbusti si divertivano ad appoggiare il crocifisso sul banco per poi farlo a pezzi a colpi di bastone al grido di «muori, bastardo». Oppure, ispirandosi a una comicità di bassa lega, toglievano il corpo dal crocifisso stesso, sostituendolo con un cartello con su scritto «torno subito».
A dare una mano ai carabinieri nel ricostruire questa deprimente vicenda sono stati, ovviamente, gli stessi protagonisti che, non paghi di aver compiuto simili imprese, avevano provveduto a riprenderle con le videocamere dei telefonini e a farle circolare, come detto, attraverso l’efficace canale mediatico di YouTube. Ottenendo, da un lato un «successo clamoroso», dall’altro una serie incredibile di possibili prove d’accusa.
Proprio l’imbecillità dei gesti e la pubblicità data alle imprese blasfeme dei bulli rodigini avevano attirato l’attenzione dei carabinieri che, quasi per caso, avevano cominciato a indagare. Oltre alla irritante blasfemia dell’accanimento nei confronti del crocifisso, i carabinieri hanno capito subito che si sarebbe potuto configurare anche il reato di danneggiamenti per gli atti vandalici collegati.
Cosa che è diventata evidente quando, in un’altra ripresa pubblicata dai registi in erba, gli studenti si sono esibiti, ubriachi fradici, in una passeggiata selvaggia sul tettuccio di un’auto parcheggiata nel cortile dell’istituto. O, peggio ancora, quando bruciacchiano con un accendino il braccio di un loro compagno, peraltro incredibilmente consenziente. A sostegno della tesi accusatoria c’è quindi una montagna di materiale sequestrato ai diretti interessati. Nelle memorie dei cellulari e nell’hard disc di un computer sono stati rinvenuti circa 300 filmati da cui emerge il comportamento assurdo dei tre ragazzi. Non c’entra alcuna rivendicazione religiosa, men che meno una qualsivoglia presa di posizione filo-islamica: trattasi di stupidità pura, condita però da conseguenze e da danni concreti che saranno valutati dalla magistratura.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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