La rivoluzione tiepida del "barbaro" Grillo

Il comico denuncia prima il golpe e poi il "golpettino furbo". Come immaginava Konstantinos Kavafi

La rivoluzione tiepida del "barbaro" Grillo

Non è la libertà che manca. Mancano gli uomini «liberi». Così parlò Leo Longanesi.

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Grillo non arriva a Roma, anzi, vede il suo popolo che lo attende, da ore, e torna indietro. La «marcia su Roma» è senza il suo capo. La rivoluzione è rimandata. Sconcerto. Delusione. Dei suoi e anche degli altri, delusi, scoraggiati dal partito che hanno votato. La situazione, del Grillo tiepido, che denuncia prima il golpe e poi il «golpettino furbo», rispecchia quella immaginata da un grande poeta moderno, Konstantinos Kavafi: «Che cosa aspettiamo? Che cosa aspettiamo così riuniti sulla piazza?/Stanno per arrivare i Barbari oggi/Perché un tale marasma al Senato?/Perché i Senatori restano senza legiferare?/È che i barbari arrivano oggi/Che leggi voterebbero i Senatori?/Quando verranno, i Barbari faranno le leggi/Perché il nostro Imperatore, levatosi sin dall'aurora/siede su un baldacchino alle porte della città/solenne e con la corona in testa?/È che i Barbari arrivano oggi/L'Imperatore si appresta a ricevere il loro capo/Egli ha perfino fatto preparare una pergamena/che gli concede titoli e onorificenze/Perché i nostri due consoli e i nostri pretori sfoggiano la loro rossa toga ricamata?/Perché si adornano di braccialetti d'ametista e di anelli scintillanti di brillanti?/Perché portano i loro bastoni preziosi e finemente cesellati?/È che i Barbari arrivano oggi e questi oggetti costosi abbagliano i Barbari/Perché i nostri abili retori non perorano con la loro consueta eloquenza?/È che i Barbari arrivano oggi. Loro non apprezzano le belle frasi né i lunghi discorsi/E perché, all'improvviso, questa inquietudine e questo sconvolgimento?/Come sono divenuti gravi i volti!/Perché le strade e le piazze si svuotano così in fretta/e perché rientrano tutti a casa con un'aria così triste?/È che è scesa la notte e i Barbari non arrivano/ E alcuni uomini sono venuti dalle frontiere dicendo che non ci sono affatto Barbari.../E ora, che sarà di noi senza Barbari?/In fondo, loro erano una soluzione».
Kavafis scrive nel 1908. Ma accade oggi.

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Berlusconi gioca di rimessa. Attende larghe intese. Ma intanto dal Pdl non viene nessuna proposta politica. Grande coalizione per fare piccole cose. Letta con Letta. Aspettando tempi migliori (o peggiori).

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Spudorato e indecente è che Roberto Saviano continui a usare la mafia per fare la vittima e vender copie del suo libro. Dopo le precisazioni dell'ex capo della Squadra mobile Vittorio Pisani, punito per l'ardire con una grottesca inchiesta, sulla non necessità della scorta e, in ogni caso così potenziata rispetto al rischio, nessun ministro ha osato, per non sfidare l'impopolarità, toglierla o attenuarla allo scrittore che, anche qualche giorno fa su Repubblica ostenta la sua vita blindata avendo avuto l'astuta idea di andare a trovare Julian Assange che vive sotto stretta sorveglianza.
Naturalmente non perde l'occasione per assimilarsi al noto personaggio: «La sua stanza è incredibilmente piena e disordinata. Conosco bene quel tipo di disordine, è il disordine di chi non può uscire, è il disordine di chi attende qualcuno o qualcosa». Saviano è riuscito a trasformare una condizione di protezione e di privilegio rimproverata a tutti, meglio se politici, in una condizione di sofferenza e di isolamento, chiedendo di essere compatito, e facendo naturalmente politica senza farla.

Così i grillini descrivono la casta che sarebbe dotata di scorte utilizzate come camerieri e per questo hanno crocefisso Anna Finocchiaro. Naturalmente ignorano che quattro quinti delle scorte non sono per politici, ma sono per magistrati del cui stato di pericolo non è lecito dubitare. Saviano è stato minacciato, come molti altri, sette anni fa, per aver imprecato contro la Camorra. Per questo è stato condannato a morte dal clan dei Casalesi. Quella minaccia è un dogma. Non si capisce perché in altri casi lascia il tempo che trova. Cosa ha denunciato Saviano che altri giornalisti non abbiano detto? E quale vantaggio avrebbe la camorra a ucciderlo? Io sono stato in un comune sciolto per mafia. Ho denunciato come nessun altro, con nomi e cognomi, l'intreccio tra mafia e affari nell'eolico e nel fotovoltaico, ho ricevuto minacce di ogni tipo, ma nessuno si è preoccupato che io rischiassi di essere ucciso.

Anzi, il prefetto di Trapani ha disposto la revoca della tutela mentre provvedeva a sciogliere il comune per mafia, tanto poco ci credeva. Oggi Saviano si specchia in Assange («Le nostre vite blindate») e pensa ai diritti d'autore per i libri venduti.

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