Quei pm che ignorano le sentenze sgradite

Occorre riflettere sul relativismo della giustizia, e sull'inutile dispendio di danaro per teoremi di magistrati il cui unico effetto è creare discredito sullo Stato

Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano
Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano

Occorre riflettere sul relativismo della giustizia, e sull'inutile dispendio di danaro per teoremi di magistrati il cui unico effetto è creare discredito sullo Stato e su personalità come il generale Mori, il presidente della Corte costituzionale e ministro Conso e il ministro e presidente del Senato e vice presidente del Csm Mancino, accusato per questioni di cui non è stato neppure consapevole. Se qualcuno dei giornalisti che hanno amplificato le tesi dei pm Nino Di Matteo e Antonio Ingroia sulla «trattativa» avesse avuto la responsabilità di verificare il dibattito parlamentare sul 41 bis, avrebbe trovato la testimonianza di 52 deputati, intorno a Marco Pannella, convinti della necessità di abolirlo in nome dei diritti umani. Quello che poi ha fatto Giovanni Conso, nel legittimo esercizio delle sue funzioni di ministro. Tutto questo è venuto fuori nell'inutile processo Mori, con una sentenza di assoluzione le cui motivazioni, maturate dai giudici, escludono la «trattativa», e scagionano, contestualmente al generale, i ministri Conso e Mancino.

Se un tribunale si è pronunciato perché riaprire una ferita, continuare a screditare gli uomini di Stato e compiacere pm che pretendono ancora di coinvolgere Napolitano, nonostante il pronunciamento della Corte costituzionale? Di Matteo insiste come se le verità giudiziarie potessero essere diverse, contro l'evidenza. Cosa dovrà pensare l'italiano di due giudici che esprimono, in nome del popolo italiano, convincimenti opposti?

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Nell'umana intelligenza del Papa, così «progressista», desta stupore qualche sopravvivenza ingenua e feticistica. Sappiamo quante meraviglie abbia espresso l'arte sacra. E come mostrare un'opera d'arte sia quasi una conferma dell'esistenza di Dio. Per cui ci appare strano che, con tutto il suo valore devozionale, il Papa abbia voluto far venire a Roma, da Fatima, la tristissima statua della Madonna che testimonia l'apparizione (reale) alle tre pastorelle. Vedere un uomo intelligente guardare con commozione quel modesto manufatto solleva un dubbio sulla sensibilità estetica e culturale di un Papa che poteva, tra i tesori del Vaticano, scegliere una Madonna che vale per tutte, senza mostrare al mondo l'immagine convenzionale di quella madonnina che neppure l'episodio miracoloso riscatta dall'insignificanza simbolica. Le pastorelle hanno visto la Madonna vera, non la sua riproduzione.

E la Madonna spiritualmente è una, non la sua declinazione in un manufatto che appartiene all'hic et nunc. Francesco non ci ha pensato? Eppure il suo ispiratore di Assisi è raccontato da Giotto. Ed esibire la Madonnina di Fatima è come preferire Orietta Berti a Bach per una messa cantata.

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