Quando gli chiesi durante un'intervista se non gli dispiacesse essere da tutti chiamato «il falco Sharon», mi rispose con uno di quei suoi sorrisi che dicevano: «Ho ben altro di cui preoccuparmi». La storia un giorno gli renderà giustizia. Arik, il vecchio leone, di fatto ha pagato con l'esplosione del suo stesso cuore e della sua mente fino al coma il 4 di gennaio 2006 lo strazio dello sgombero di Gaza, dalla sua propria scelta di farsi sommergere dal dolore dei coloni sradicati dalle case della Striscia e quindi dal biasimo dei suoi tradizionali sostenitori. «Ciò che vediamo da qui (ovvero dal ruolo di primo ministro, ndr) non si può vederlo da laggiù», diceva allora. E ciò che vide era che doveva sperimentare la strada dell'aprire le mani e dare ai palestinesi a Gaza un'area libera su cui avviare la costruzione di un'entità autonoma e indipendente, un loro Stato. Così l'esercito strappò le famiglie ebraiche, uomini donne e bambini da Gaza, e subito dopo le loro case, le serre, le sinagoghe furono tutte distrutte a picconate da Hamas. Sharon nel biasimo della sua parte, e mentre Hamas si impossessava del potere e gettava dai tetti gli uomini di Fatah, si ritrovò sempre più solo e assediato dalla sua stessa storia di israeliano per cui la salvezza del Paese dal terrorismo era il compito maggiore.
Adesso nell'ora della sua morte è il tempo di lasciare i luoghi comuni e di vedere Sharon per ciò che è stato veramente nonostante gli sia stata appiccicata l'odiosa etichetta di «boia di Sabra e Chatila».
Sabra e Chatila, uno dei campi profughi palestinesi in Libano, fu assalito dalla fame di vendetta delle milizie maronite furiose per l'omicidio del presidente Bashir Gemayel. Le milizie, comandate da Elie Hobeika, si trovavano in zona da quando gli israeliani l'avevano occupata. Gemayel aveva stabilito un rapporto con gli israeliani stessi. Sharon, che era ministro della Difesa, è rimasto nella narrativa popolare l'assassino di settecento persone massacrate tuttavia dai loro nemici locali nell'ambito di uno scontro che durava da tempo. La commissione israeliana Kahan lo accusò di avere ignorato le sue responsabilità e di avere trascurato quindi la possibilità di salvare i palestinesi. Sharon pagò duramente dimettendosi da ministro della Difesa, ma tuttavia vinse il processo americano contro Time magazine che lo accusò di essere stato avvertito delle uccisioni mentre erano in corso.
Hobeika è stato successivamente assassinato nella catena di vendette tutte libanesi. Sharon, ed è tempo che il mondo se lo ricordi, non uccise i palestinesi di Sabra e Chatila, e forse non sapeva niente della strage in corso. E non sappiamo perché non seppe salvarli.
Una vignetta che vinse una gara internazionale di umorismo in Inghilterra mostrava Sharon come un mostro di Goya col petto e il ventre nudi, lordi di sangue mentre sgranocchiava teste di bambini. La verità è che Sharon è stato odiato per la sua devozione totale alla salvezza di Israele. L'odio che l'ha accompagnato è legato al fatto che egli salvò Israele quando con un pugno di uomini e ferito sfondò il fronte dell'esercito egiziano penetrando nel Sinai e ricacciando indietro l'avanzata di Nasser; alla memoria di quando nel '48 abbracciato a un commilitone, ciascuno con una sola gamba e feriti al ventre, seguitarono a combattere nelle colline di Latrun; a quando fondò l'unità 101 che è riuscita a scovare un grande numero di terroristi attraverso le mitiche operazioni di paracadutisti; alla guerra «scudo di difesa» del 2002 a Gaza. Poi, nel 2003, dopo lo scontro con Hamas, eletto per la seconda volta primo ministro, Sharon alzò un altro scudo di difesa, quello della pace coi palestinesi.
Sfidando la sua stessa gente e il rifiuto storico sempre contrapposto a Israele da tutto il mondo arabo portò via gli israeliani da Gaza e da quattro insediamenti nel West Bank.Sharon non è stato un falco ma la più dura e determinata di tutte le colombe.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.