Adesso Caselli parla anche a nome dei morti

Il procuratore di Torino fa il portavoce di Falcone, che magari con sarebbe d'accordo

Adesso Caselli parla  anche a nome dei morti

Giovedì prossimo proporrò, su questo giornale, un anti-manifesto per la cultura, per rispondere, con nuovi e diversi argomenti, alla proposta de IlSole24ore. Partiamo dalle virgole.

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Touché. Andrea Scanzi, su Il Fatto, pensa di sfottere, e mi interdice il ruolo di moralista in materia di nozze gay, pur registrando che io pavento il rischio di una dissoluzione «economica, non morale» con la moltiplicazione delle pensioni di reversibilità. D’altra parte il matrimonio sembra dover garantire i diritti dei più deboli, dei convocati senza la loro volontà: e cioè dei figli. Nel deprecato caso di nozze tra Pier Paolo Pasolini e Pino Pelosi, quest’ultimo avrebbe potuto godere di eredità e di pensione del regista assassinato. Non si capisce a che titolo. Convengo invece con le pertinenti osservazioni di Scanzi, anche se l’interpunzione è cosa diversa dalla lingua, su «le virgole come Molotov scagliate a caso» nel mio pezzo. Mi colpisce perché è vero, e osservo l’attenzione di Scanzi alla punteggiatura. La osservo e la condivido. E ammetto di aver letto con disappunto almeno due proposizioni con le virgole scassate. Non posso negare la mia responsabilità oggettiva, ma invoco l’attenuante, per rispetto della bontà dell’osservazione, di avere dettato l’articolo, come d’abitudine, e di non averlo riletto. Ma l’attenzione alle virgole, più delle nozze gay, di questi tempi, merita rispetto. Per precisione, non per moralismo.

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Alain Elkann, da me in diverse occasioni sostenuto, nominato presidente del Comitato scientifico di Palazzo Te per decisione del sindaco di Mantova Nicola Sodano su segnalazione del ministro Bondi, entra in polemica con Angelo Crespi, presidente del Consiglio di amministrazione che si è perigliosamente dovuto muovere tra nuove norme e ristrettezze di bilancio. Elkann sembra farne un caso personale e dichiara: «Non sono disposto a subire imposizioni e non accetto che il Comitato venga costantemente umiliato». Crespi compostamente risponde: «Con le regole attuali (finanziaria e patto di stabilità, che impongono di non spendere per le mostre più del 20% di quanto speso nel 2009) mostre di 4 milioni di euro come quella su Giulio Romano non si possono più fare: il Comune di Mantova può investire circa 200mila euro all’anno».
Non mi pare che ci siano i margini per la polemica. Il Comitato scientifico presieduto da Elkann è scaduto e il rinnovamento delle nomine non dipende da candidature, ma dalle decisioni del sindaco. Intenzionato a ridurne il numero dei membri. Irrituale era anche che il più rampante e determinato esponente del Comitato scientifico, Giovanni Agosti, si fosse attribuito, in pieno conflitto di interessi, una mostra su Giulio Romano del costo preventivato di 4 milioni di euro. Qui in realtà non ci sono buoni e cattivi, vincitori e vinti, ma bilanci irrisori che Crespi ha amministrato con rigore e oculatezza.
L’amico Elkann, invece che aprire il fuoco, dovrebbe comprendere, agevolare e favorire finanziamenti privati e sostenitori, tra i quali l’ingiustamente e incomprensibilmente emarginato socio fondatore del Centro di Palazzo Te, Massimo Vitta Zelmann (titolare della casa editrice Skira), e dare il suo utile contributo, senza conflitti, perché che tutto possa ripartire per il bene di Mantova.

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Onore a Giovanni Canzio, presidente della Corte di Appello di Milano. Ha messo a posto Giancarlo Caselli con la dichiarazione: «Oggi siamo tutti Iacoviello», il sostituto procuratore generale della Cassazione che ha chiesto l’annullamento della condanna a Dell’Utri. Caselli aveva criticato la requisitoria di Iacoviello parlando di «affermazioni imbarazzanti che hanno ferito non solo me ma Giovanni Falcone che ha teorizzato e concretizzato nei maxi processi il concorso esterno». Adesso Caselli parla anche a nome dei morti. Giustamente Canzio confessa di avere «assistito con stupore, con sconcerto e con dolore alle reazioni di alcuni magistrati... che non esito a definire scomposte, non consone al ruolo e alla funzione dei magistrati, a dir poco una caduta di stile... Reazioni coerenti con le logiche di separatezza e autoreferenzialità che guardano a una sola ipotesi, quella dell’accusa». E conclude: «Il Paese, non solo la magistratura, ha bisogno di più Iacoviello; ...parafrasando una frase detta in contesti ben più drammatici, voglio dire, a nome dei magistrati milanesi, che oggi ci sentiamo tutti Iacoviello».


Per quanto riguarda le esternazioni di Caselli, spesso in sedi improprie, e per pura propaganda, mi chiedo quando si aprirà un’inchiesta della Corte dei Conti o della magistratura ordinaria per verificare quanti giorni Caselli non abbia lavorato per andare in giro a fare comizi, conferenze e presentazioni di libri per interessi non di ufficio, ma privati, e per i diritti d’autore. Falcone non lo avrebbe mai fatto.

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