Adesso Renzi minaccia il ribaltone

Furioso contro Consulta e governo, il rottamatore cerca maggioranze alternative per fare la sua riforma elettorale

Adesso Renzi minaccia il ribaltone

Roma - «Renzi? Si è messo nei guai da solo: ha detto che i giudici costituzionali hanno troppi privilegi e guadagnano cifre abnormi, e quelli si sono vendicati», dice tra il serio e il faceto l'Udc Angelino Sanza.
Il giorno dopo la sentenza della Corte, si aggirano gongolanti per il Palazzo vecchi proporzionalisti e anti-renziani di ogni sponda. Mentre il sindaco di Firenze è durissimo non solo con un governo «che non ha combinato un granché, come dimostra l'Imu», ma anche contro «una politica che non conta più niente» e che bisogna avere «il coraggio» di cambiare. «Non ne posso più di questi signoroni che a Roma decidono tutto loro», tuona, «arriva la Corte Costituzionale e riscrive la legge elettorale, su Stamina sceglie il Tar, il bilancio ce lo fa la Ue, e perfino su Berlusconi hanno deciso i giudici».
A Roma, intanto, i suoi nemici si fregano le mani. «Ora - dice Sanza - col Parlamento delegittimato e i grillini che sparano ogni giorno, il governo non può reggere. Si andrà al voto a primavera». Con che legge elettorale? «Con quella che c'è: proporzionale puro e preferenze». Anche il bersaniano D'Attorre non nasconde la sua soddisfazione per la svolta della Consulta: d'altronde, ragiona con un compagno di partito, «il maggioritario ha prodotto i disastri di questi vent'anni», mentre è un bene tornare al buon vecchio metodo dei «governi che nascono in Parlamento», dopo le elezioni. Letta-Alfano forever, insomma. A sprizzare gioia c'è pure Massimo D'Alema: «C'è una grande novità, che scompagina i piani dei due candidati più bellicosi (Civati e Renzi, ndr). La loro fretta ha subito un durissimo colpo: si dimostra la fragilità e inconsistenza di quel progetto». Ora, ordina, «serve un partito forte e serio che non faccia la guerriglia contro il nostro governo».
Non si nasconde l'entusiasmo, insomma, per una pronuncia della Consulta che - con tempismo miracoloso - li ha salvati a un passo dal baratro di domenica, giorno delle primarie. E che effettivamente scompagina i piani del sindaco di Firenze. Il quale però non ha intenzione di «affogare nella palude verso cui la sentenza della Corte ci spinge», spiegano i suoi. E infatti Paolo Gentiloni, assai vicino al sindaco, lancia un avvertimento chiaro: «Riformare la legge elettorale ora è imperativo, e per farlo siamo pronti anche a maggioranze diverse da quella di governo». Un segnale d'allarme diretto a Palazzo Chigi e al Quirinale, dove siede il vero regista del governo. Per questo ieri è ripartita l'offensiva per riportare la legge elettorale dal Senato (dove vorrebbero tenerla bloccata governisti del Pd e alfaniani) alla Camera, dove il Pd ha numeri assai più larghi. I renziani vogliono accelerare le scelte sulla legge elettorale, ben sapendo che Letta, Napolitano e gli alfaniani puntano invece sui tempi lunghi assicurati dal Senato. «Anche perché - spiega il renziano Angelo Rughetti - è chiaro a tutti che, se si fa una nuova legge elettorale, il giorno dopo si va a votare. Tanto più se a votarla fosse una maggioranza diversa da quella che sostiene l'esecutivo». Una maggioranza con chi? I grillini reclamano il Mattarellum, ed è un bluff da andare a vedere. E Berlusconi non può che sostenere un'opzione bipolarista. Il primo problema, però, è blindare il Pd contro le tentazioni proporzionaliste di tanti dei suoi.

E a sorpresa, ieri, il capogruppo Pd Speranza - ex bersaniano - si è schierato con Renzi, reclamando il passaggio della legge elettorale a Montecitorio. Un segnale, spiegano i renziani, che «i giovani del Pd, che non ne possono più delle larghe intese, sono pronti a mollare la vecchia guardia per Matteo».

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