"Allarmati dai discorsi antisemiti degli imam"

La presidente delle Comunità ebraiche, Noemi Di Segni: "Preoccupazione per chi accolto in Italia giustifica i massacri"

"Allarmati dai discorsi antisemiti degli imam"
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«Ho tre figli in Israele: il primo è sul confine di Gaza, il secondo su quello con il Libano da cui partono gli attacchi di Hezbollah, il terzo a Gerusalemme». La voce pacata di Noemi Di Segni, presidente dell’Unione delle Comunità ebraiche italiane, si incrina per un attimo, mentre racconta le sue giornate divise tra gli impegni de ruolo istituzionale e l’angoscia «da mamma», e da italiana nata a Gerusalemme, che in questi giorni vive con «un orecchio incollato alla diretta continua delle tv israeliane».

Presidente Di Segni, lunedì sarà l’anniversario dei rastrellamenti nel Ghetto di Roma del ’43. Con che spiri« to vi preparate a questa ricorrenza?

«Il 16 ottobre è sempre una giornata estremamente intensa: l’inizio della deportazione degli ebrei in tutta l’Italia occupata dai nazisti, una data di dolore intimo, in cui si onora la memoria degli sterminati e dei sopravvissuti. Testimoni dell’orrore che ormai stanno svanendo: ne restano solo una decina. Ma quest’anno l’orrore passato si rispecchia in quello presente: non è più solo una pagina di storia da non dimenticare, ma è quello che succede ancora, oggi, in un totale cortocircuito tra passato e presente».

Come giudica la reazione dell’Italia alla barbarie di Hamas?

«C’è stata un’ondata importante di solidarietà e di condanna. Ma già ora, dopo pochi giorni, si riaffaccia in diversi segmenti della società il giustificazionismo che equipara Israele e il suo diritto di difendersi con i nazisti di Hamas. Che accada nelle università, che dovrebbero essere il luogo del sapere e della razionalità, o in parti della sinistra che dovrebbero avere coscienza di come sia nata la Shoah e condannare senza esitazioni il pregiudizio anti-ebraico, e che invece ripetono a pappagallo le stesse giustificazioni di Hamas, è una cosa che fa paura, e molto dolore. Purtroppo è pregiudizio assai più diffuso di quanto si capisca».

Lei pochi giorni fa ha lanciato un appello alle comunità islamiche d’Italia, augurandosi che non si facciano «accecare dall’odio» e siano «argine al male». Ha avuto risposte?

«Non era un appello buonista, era un invito a non precipitare nell’odio, a riconoscerci l’un l’altro diventando insieme portatori di luce e di rispetto per tutti. Ho ricevuto solo una bella lettera del Coreis (Comunità islamica italiana, ndr), che condannava senza esitazioni la barbarie del 7 ottobre. Ma leggo con preoccupazione le dichiarazioni anti-ebraiche di diversi imam. Mi allarma molto che chi è stato accolto in Italia non rispetti i valori e i principi di questo paese, e arrivi a giustificare il massacro».

L’attacco a Gaza rischia di alimentare il pregiudizio?

«Hamas usa i suoi civili come scudi umani e mette gli arsenali sotto le loro case. Loro hanno solo il culto della morte, ma sanno che noi viviamo il dilemma morale. I miei figli, come gli altri giovani israeliani al fronte per difendere Israele, sono i primi a porselo. E Hamas lo usa come ricatto senza scrupoli: è un circolo vizioso terribile.

Io sono cresciuta a Gerusalemme accanto agli arabi, e per i palestinesi, soffocati da organizzazioni del terrore come Hamas, voglio la stessa pace che voglio per Israele. Il mio orrore è per la barbarie nazista da estirpare di Hamas, non per i singoli palestinesi che spesso ne sono vittime quanto noi».

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