Alleanza per spartirsi il Colle Il Cav teme l’inciucio Pd-Udc

Bersani e Casini vorrebbero scegliere il prossimo presidente Napolitano insegna: dal Quirinale si decidono le sorti del Paese

Alleanza per spartirsi il Colle Il Cav teme l’inciucio Pd-Udc
Roma - Lo sospetta già da qualche settimana, da quando non sono andati a buon fine al­cuni incontri nei quali si è cercato di verificare se vi fosse ancora spa­zio per un riavvicinamento con Ca­sini. Ma ormai da qualche giorno, almeno nella testa del Cavaliere, il sospetto è diventato certezza: il lea­der Udc e Bersani puntano a spar­tirsi il Quirinale di qui al 2020. Il prossimo Parlamento, infatti, sarà quello che indicherà il nuovo inqui­lino del Colle e Berlusconi­è convin­to che i due vogliano gestire la parti­ta in solitudine. E sarebbe questa la ragione principale per cui a Casini e Bersani non dispiacerebbe un vo­to anticipato, magari a ottobre. Aspettare la scadenza naturale del­la legislatura nel 2013, infatti, da­rebbe ancora fiato all’antipolitica di Grillo e al Sel di Vendola, con il ri­schio che i loro voti crescano anco­ra e magari possano poi condizio­nare pesantemente la nomina del successore di Napolitano.

Uno scenario, quello immagina­to dal Cavaliere, che trova qualche conferma in un clima che nell’ulti­ma settimana è tornato quello di sei mesi fa. A partire dalle inchieste che riguardano l’ex premier, tutte improvvisamente di nuovo sotto i riflettori: non solo il processo Ru­by, ma anche il caso Lavitola e il nuovo fascicolo aperto a Bari a cari­co di Berlusconi che avrebbe «in­dotto a mentire» Tarantini. Senza considerare che alle prese con i guai giudiziari ci sono anche For­migoni- e fino a qualche tempo fa il governo della Lombardia era uno dei fiori all’occhiello del Pdl-e la Le­ga. Insomma, s’andasse a votare a breve, sul centrodestra pese­re­bbero non poche le in­chieste della magi­stratura.

Ma al di là del fronte giudizia­rio - che, faceva notare qualche giorno fa il Cava­liere in privato, «in Italia si riaccen­de sempre quando s’avvicinano le urne» - ci sono pure gli smottamen­ti al centro degli ultimissimi giorni.

Casini che lancia il Polo della Na­zione aprendo le porte ai tecnici og­gi al governo a partire da Passera (ma si fanno anche i nomi di Clini, Ornaghi, Riccardi e della Severino) è di fatto un’Opa sul Pdl che rischia di terremotare non solo via del­l’Umiltà ma anche Palazzo Chigi. E quindi di accele­rare l’eventuale show down di un governo che, se­condo Eurome­dia, in cinque me­si è passato da un gradimento del 67%a un misero 47 .L’abbraccio di Casini ai tecnici, infatti, potrebbe riaccendere gli animi di chi nel Pdl non ha mai gradito l’appoggio a Monti - soprattutto gli ex An, ma non solo- tanto che il vicepresiden­t­e della Camera Lupi non esita a di­re che «l’unica cosa che Casini non può fare è chiedere di schierarsi a un governo che è tecnico e al quale in tale veste abbiamo dato la fidu­cia ». Più netto Gasparri: «In questa fase - spiega il capogruppo del Pdl al Senato - non sarebbe utile che ministri tecnici in carica dovessero accasarsi e indossare delle inse­gne. Sarebbero in contraddizione con il ruolo assunto e sarebbe Mon­ti a togliergli la fiducia da mini­stro ». Decisamente diverso, inve­ce, l’approcciodi Bersani a cui evi­dentemente non dispiace «il rinno­vamento» di Casini: «Ci sono le ele­z­ioni e se i tecnici vorranno fare ou­ting saranno i benvenuti». Tra i due, insomma, una certa sintonia sembra esserci.

Sintonia che secondo il Cavalie­re ha un obiettivo: quello di andare al voto a ottobre e con questa legge elettorale. D’altra parte, anche Bo­naiuti è sc­ettico sul fatto che davve­ro ci sia il tempo per riscrivere le re­gole del gioco e immagina che «al massimo si possa arrivare ad un ri­tocco della legge attuale sul fronte preferenze». Stando ai sondaggi, a oggi il blocco Idv-Sel-Pd avrebbe buon gioco a vincere e a quel pun­to, a urne chiuse e passato magari qualche mese, Bersani potrebbe scaricare Di Pietro e Vendola e «riorganizzarsi» con Casini (che mira ad andare oltre il 10%). Uno scenario che nel Pdl disegnano, seppure off the record , ben tre ex mi­nistri. Ma anche Napoli, vicepresi­dente dei deputati, convinto che «il gioco è quello».

In questo modo sarebbero Bersa­n­i e Casini a indicare il nuovo presi­dente della Repubblica, l’uomo che dopo il «presidenzialismo di fatto» di Napolitano deciderà di fat­to le sorti del Paese di qui al 2020. Se poi la legislatura durerà solo un an­no o due, pazienza.

L’importante è votare presto. Perché con il passa­re d­ei mesi c’è il rischio che il Movi­mento 5 stelle schizzi all’ 8-9% e Sel oltre il 10. E con qui numeri potreb­bero mettersi di traverso sul nuovo inquilino del Colle.

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