Romano: "Ora è finita. Io usato per manovre politiche"

L'ex ministro dell'Agricoltura soddisfatto solo a metà per l'assoluzione: "Fino al processo non ho potutoi difendermi"

Roma - «Mi chiede come va? Be', oggi direi proprio che va bene. Va bene perché è finita, finalmente. Sono molto contento».
Il telefono di Saverio Romano non la smette di squillare da quando, appunto, «è finita», ossia dal momento in cui il gup palermitano Fernando Sestito ha letto la sentenza di assoluzione per l'ex ministro delle Politiche agricole nel governo Berlusconi. La formula è quella dell'incompletezza della prova, quanto basta a far storcere il naso ai legali, ma comunque è la parola fine per l'odissea giudiziaria di Romano. E così dopo anni sulla graticola, e un 2011 particolarmente rovente, per il parlamentare dei Popolari d'Italia domani arriva anche il momento di togliersi qualche sassolino dalle scarpe.

Un'accusa di concorso esterno in associazione mafiosa, una richiesta di condanna a otto anni da parte del pm. E ora l'assoluzione. C'è davvero solo gioia in questo momento?
«Diciamo che c'è anche tanta amarezza, ma quella sto cercando di smaltirla piano piano. C'è amarezza per un'indagine durata nove anni, quasi dieci, sicuramente troppo a lungo. C'è amarezza per aver ricevuto accuse pesanti, e c'è amarezza soprattutto per quella richiesta di condanna, pesantissima, dopo che lo stesso pm aveva chiesto in precedenza due archiviazioni. Certo che è stata dura ma, appunto, adesso è finita».

Una lunga indagine che sembrava aver avuto una decisa accelerata nel 2011, dopo l'addio all'Udc e il suo ingresso nel governo come ministro delle Politiche agricole. Nuove accuse dai pentiti, poi le feroci polemiche dell'opposizione per l'incarico ricoperto. Solo un problema di tempi lunghi o anche una questione di strana tempistica?
«Diciamo che trovo più gravi i tempi rispetto alla tempistica. Perché essere sottoposti per nove anni a un'indagine in un Paese civile semplicemente non dovrebbe accadere. Nove anni durante i quali, tra l'altro, non mi sono nemmeno potuto difendere, perché bisognava aspettare il dibattimento».

Non ci si può difendere, ma si può finire sotto attacco. Pensava a questo momento lo scorso autunno, quando a Montecitorio si votò la mozione di sfiducia nei suoi confronti? Crede che ci sia stato un accanimento nei suoi confronti?
«A questo momento ci pensavo da molto. Poi è chiaro che la mia vicenda è stata politicamente strumentalizzata, e se è vero che queste sono le regole del gioco, è vero anche che non sono belle regole. Una cosa è sicura, quello che è accaduto nel mio caso è sotto gli occhi di tutti. Non penso che sia il caso di aggiungere altro. Ogni valutazione, ora, è superflua».

Quando e come ha saputo che era stato assolto?
«Stamattina sono stato in udienza, ma quando il giudice è andato in camera di consiglio ho deciso di rientrare a casa. In tribunale però è rimasto mio figlio, mi ha chiamato prima della lettura della sentenza e ho sentito tutto in diretta via telefonino grazie a lui, che tra l'altro studia per diventare avvocato. Avrei preferito che il suo primo approccio con un tribunale fosse diverso, ma vabbe', ora si volta pagina...».

E che cosa c'è sulla prossima pagina?
«Per adesso c'è da scriverla.

Ma io continuerò a fare quello che ho sempre fatto, visto che non ho mai smesso di lavorare, non ho mai mollato. Un anno fa, proprio in questi giorni, il Pd annunciò la mozione di sfiducia, e io ho tenuto duro, ho scelto di non dimettermi, ho continuato a lavorare. E alla fine direi che è stata fatta giustizia».

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