Atenei dell'antisemitismo, ora 300 professori si ribellano

Università ostaggio di collettivi che vogliono boicottare Israele Ma cresce il numero di docenti che dice "basta con i violenti"

Atenei dell'antisemitismo, ora 300 professori si ribellano
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C’è chi dice no. No all’intolleranza, no alla dittatura di una minoranza di "studenti" politicizzati. "No all’antisemitismo", anche quello "travestito da libera decisione accademica", come si legge nella lettera aperta promossa dall’associazione "Setteottobre" dopo i fatti di Torino: l’occupazione che ha indotto l’Università ha deliberare un «boicottaggio» degli atenei israeliani (anche se il rettore minimizza e smentisce che sia così).
Ed è stata sottoscritta da 230 docenti, questa lettera indirizzata al presidente del Consiglio e al ministro dell’Università, con la richiesta di «una forte e determinata presa di posizione contro l’antisemitismo che sta prendendo piede nelle nostre Università». L’invocata presa di posizione è arrivata subito, nell’aula della Camera la premier Giorgia Meloni ha parlato di una «ondata di antisemitismo dilagante anche nella nostra opinione pubblica», «grave e preoccupante», soprattutto «quando coinvolge le istituzioni, come l’Università di Torino».
Nella stessa direzione va anche un altro documento, più "torinese", con primi firmatari Brunello Mantelli e Ugo Volli, che chiede di «riconsiderare» il no alla collaborazione con Israele, ribadendo la contrarietà a ogni atto di «boicottaggio accademico». E questo ha già ottenuto l’adesione di oltre settanta professori.
La preoccupazione resta altissima, e a Bologna si sono registrati addirittura scontri. Ieri è intervenuto anche il presidente del Senato, Ignazio La Russa, a «Cinque minuti» su Rai 1: «Confondere una vicenda drammatica, come quella che si sta vivendo in Israele e in Palestina, con la possibilità di fare piazza pulita di ciò che ha l’odore di israeliano, di ebreo - ha detto - fa tornare a galla un antisemitismo che evidentemente c’è ancora in maniera molto più forte di quello che immaginavamo».
Le Comunità ebraiche sono allarmate. L’antisemitismo è palpabile, ed è maturato prima ancora della reazione militare israeliana all’attacco del 7 ottobre.
L’appello di «Setteottobre» definisce i fatti di Torino come «un atto gravissimo, diretta conseguenza del clima di intimidazione antisemita di cui si stanno moltiplicando gli esempi nelle Università italiane dopo il 7 ottobre». «Alla Sapienza di Roma e alla Federico II di Napoli - prosegue l’appello - nelle scorse settimane, è stata negata la parola a due giornalisti perché ebrei». E cita anche le scritte sui muri dell’Università di Sassari.
"Per la prima volta nel nostro Paese - si legge un’istituzione accademica si piega al diktat di un manipolo di studenti che, riferendosi a Israele, usano la stessa definizione cara agli ayatollah iraniani: Entità sionista”». Per i 230 firmatari, ciò che si vede nelle nostre Università è il «riprodursi» di «una delle pagine più vergognose della nostra storia: la discriminazione antisemita stavolta è travestita da libera decisione accademica".
Ieri, al termine di un incontro con il ministro dell'Università Anna Maria Bernini, è scesa in campo la Conferenza dei rettori.
«Gli atenei - si legge - sono comunità (...) che, attraverso la formazione, la ricerca scientifica e il dialogo, generano e trasmettono nuovo sapere, fondato sul confronto, anche aspro e determinato, fra tesi diverse. Argomentate e non gridate. Sostenute dall'esercizio della ragione e non imposte».

I rettori ribadiscono «che la violenza contraddice l'essenza stessa dell'università, sede naturale del pensiero critico, e rinnova la propria ferma condanna per qualunque atto teso a silenziare con la prevaricazione l'opinione altrui».

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