"Avrebbero potuto salvarli...". Continua la falsa narrazione delle Ong sul naufragio

Le Ong accusano il governo per il decreto Piantedosi e dicono che avrebbero potuto salvare i migranti di Cutro: ecco perché è solo propaganda

"Avrebbero potuto salvarli...". Continua la falsa narrazione delle Ong sul naufragio

Proseguono le speculazioni sul naufragio di Cutro, avvenuto una settimana fa in Calabria, e si moltiplicano i tentativi di far ricadere la colpa sul governo di Giorgia Meloni e sul ministro dell'Interno, Matteo Piantedosi. Tra i più attivi in questa forma di aberrante utilizzo strumentale di decine di morti ci sono le Ong, che tentano di sfruttare la tragedia per portare avanti la loro lotta contro il governo e i suoi decreti. Ci hanno provato fin da subito, accusando l'Italia di voler vuotare il Mediterraneo dalle navi della flotta civile e, di conseguenza, di aver tolto navi utili a evitare il naufragio. Una teoria che nelle ultime ore è stata ripresa anche dalla nave Aita Mari, che proprio nei giorni scorsi ha sbarcato nel nostro Paese 71 migranti.

Utilizzando i media stranieri, nella fattispecie spagnoli, come megafono per la loro rimostranza contro il governo Meloni, la Ong iberica ha proseguito nella propaganda contro l'Italia effettuando una ricostruzione che non solo è fallace ma è non veritiera. A fornire questa narrazione scollata dalla realtà è stata, tra gli altri, anche Isa Eguiguren, operatrice della Ong spagnola. Le sue parole, riportate dal sito radiopopular.com, sono state: "È molto doloroso. La nona missione di Aita Mari sta per concludersi e l'equipaggio era felice perché ci sono stati due soccorsi con 71 vite. Ma con il naufragio avvenuto una settimana fa in Calabria, sono stati malissimo pensando che forse avrebbero potuto salvarli. Siccome l'Italia ti permette solo di fare un salvataggio e tornare in porto non hanno potuto fare nulla".

Ci sono numerosi elementi contestabili in questa dichiarazione ma uno è quello più evidente. Eguiguren dice che l'equipaggio dell'Aita Mari avrebbe potuto salvare quei migranti. E ci si chiede come, visto che questa nave, così come tutte quelle della flotta civile delle Ong, si concentra su un unico fazzoletto di mare, che è quello prospiciente le coste libiche. Ma attenzione, non tutte le coste libiche, perché l'unica parte in cui operano è quella davanti alla città di Zuara, considerata l'hub dei migranti. Mentre la comunità internazionale è in attesa di sapere ufficialmente perché queste navi si concentrino solo su quella rotta, nonostante ce ne sia almeno un'altra molto attiva in Libia, Aita Mari potrebbe spiegare in che modo avrebbe potuto salvare quel caicco partito da Smirne, in Turchia.

Lungo la rotta turca non esistono Ong: qui, nel tratto di mare tra la Turchia, la Grecia, Cipro, Malta e Italia non opera nessuna imbarcazione di soccorso. Eppure, come dimostrano i numeri e i fatti, troverebbero anche in questa zona imbarcazioni da raggiungere e migranti da portare in un porto sicuro. Sì, ma quale? Questa domanda è probabilmente quella decisiva: lungo questa rotta, infatti, i porti sicuri più vicini sono quelli greci e quelli ciprioti, entrambi Paesi dell'Unione europea. Non l'Italia. E alla domanda che in tanti si pongono in questi giorni, sul perché, visto anche il mare in tempesta, quel caicco non abbia spiaggiato o non si sia avvicinato alle coste greche per lo sbarco, da sinistra viene fornita la seguente risposta: perché poi dovrebbero attraversare la rotta balcanica per raggiungere il nord Europa.

Ma l'obiettivo delle Ong, e quindi quello dei migranti, non dovrebbe essere esclusivamente quello di metterdi in salvo? Una volta giunti in Grecia, o a Cipro, i migranti che hanno diritto alla tutela internazionale possono fare richiesta di asilo ed essere al sicuro, senza la necessità di raggiungere altri Paesi. Ci sarà successivamente, in base a quanto teorizzato dall'Unione europea, una redistribuzione in altre località. Certo, questo sistema è fallace ma ciò non toglie che la Grecia sia un Paese sicuro e tanto più con quelle condizioni marine era necessario fermarsi lì, invece che arrivare in Italia. Ma questo aspetto viene completamente ignorato dalle Ong, che preferiscono battere e ribattere sulla narrazione dell'Italia che blocca nei porti le navi della fotta civile, che non operano su quella rotta, senza spendere nemmeno una parola contro gli scafisti.

Preferiscono continuare a usare i morti di Cutro per il loro fine, ossia tentare di far eliminare i decreti Piantedosi che rimettono ordine in un sistema in cui le Ong vorrebbero operare come entità al di sopra della legge.

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