La questione dell'immigrazione clandestina deve uscire dalla fase dell'emergenza. È quanto auspica il presidente della regione Calabria, Roberto Occhiuto che lancia al governo una proposta precisa.
Di cosa si tratta?
«Le faccio un esempio. Tra i centomila migrati clandestini approdati sulle nostre coste ci sono minori non accompagnati. Potremmo dare loro accoglienza in famiglia e sostenere queste stesse famiglie con un sussidio. Così come potremmo formare lavoratori per i settori nei quali si fa fatica a trovare personale. Serve una integrazione attiva. Ha fatto bene il governo a dichiarare lo stato di emergenza, perché i sistemi dell'accoglienza pensati negli ultimi anni dalla sinistra hanno fallito».
Centomila arrivi dall'inizio dell'anno. Una cifra davvero preoccupante.
«Non su una popolazione di sessanta milioni di persone. La questione è un'altra».
Quale?
«Non devono essere abbandonati a sé stessi e magari lasciati a bivaccare ai margini delle città. Con conseguenti rischi di sicurezza e di tenuta sociale. Devono essere integrati».
Come si può fare?
«Gli esempi sono già nella nostra stessa storia. Guido una regione che ha vissuto stagioni di emigrazioni. E i calabresi sono sempre stati accolti nel tessuto sociale e produttivo. Dal Sudamerica agli Stati Uniti, fino ad altri Paesi occidentali che hanno integrato chi cercava una vita migliore. Il modello da seguire è tutto lì. Un modello che la sinistra non ha voluto nemmeno considerare. Tanto che adesso il governo stenta a uscire dall'emergenza».
A proposito di Mediterraneo cosa ne pensa della proposta avanzata dal vicepremier Antonio Tajani di privatizzare la gestione dei porti?
«Penso che qualche alleato di governo sbagli a non considerare nel giusto modo questa proposta. Ora i nostri porti sono gestiti da autorità pubbliche ma affidarli a società per azioni costituite dal pubblico e dal privato renderebbero queste infrastrutture più performanti e le loro attività più remunerative e anche per sviluppare iniziative legate all'attrazione degli investimenti nelle aree retroportuali. Il Mediterraneo sta diventando il luogo centrale per gli scambi commerciali e i nostri porti devono poter competere».
A proposito di competizione, si infuoca la polemica sull'autonomia differenziata.
«Non ho una posizione dogmatica sull'autonomia differenziata. Si tratta di una possibilità contemplata dall'articolo 116 della Costituzione (sezione peraltro riformata quando era al governo il centrosinistra). Gli articoli successivi parlano di obblighi e non di possibilità. Come l'obbligo di garantire tutti i diritti in maniera uniforme su tutto il territorio nazionale, sia che un cittadino viva a Crotone sia che viva a Sondrio. Come anche l'obbligo della perequazione. In verità sia la possibilità dell'autonomia differenziata, sia la garanzia dei diritti sociali e civili e l'obbligo della perequazione non mi sembra siano stati attuati come prescrive il titolo quinto della Costituzione».
Quindi il disegno di legge di Calderoli interviene su questa mancata attuazione?
«Ho detto più volte che il disegno di legge di Calderoli è come un treno che ha tre vagoni quello dell'autonomia differenziata quello dei diritti sociali e civili non più quantificati secondo il criterio ingiusto della spesa storica ma secondo i fabbisogni, e quello della perequazione.
Se spinto dall'autonomia differenziata il treno arriva in stazione e porta con sé anche gli altri due vagoni, credo sia un grande risultato anche per le regioni del nostro Meridione dove oggi i diritti sociali e civili non sono garantiti nello stesso modo di altre regioni. E per arrivare a un punto di parità servirebbero risorse importanti. Solo a parità di lep posso dire di sì all'autonomia differenziata».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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