Batteri all'assalto dei telefonini (peggio della tavoletta del wc)

Nella classifica degli oggetti più sporchi il cellulare si piazza al primo posto. Ma attenzione anche ai maniaci dell'igiene...

Batteri all'assalto dei telefonini (peggio della tavoletta del wc)

Il telefono, la tua voce. Ma anche la tua, possibile, «infezione». Non parliamo della cornetta di quei reperti di archeologia urbana che sono ormai diventati i telefoni pubblici. No, ci riferiamo ai modernissimi cellulari che saranno pure supertecnologici, ma - in quanto a sporcizia - battono perfino la famigerata tavoletta del water.
Secondo uno studio pubblicato sul Wall Street Journal che ha preso in esame varie tipologie di telefonini, i cellulari nascondono una quantità di batteri e virus superiore addirittura a banconote, interruttori della luce e tastiera del computer (oggetti considerati, da più fonti, leader della moderna zozzoneria). Ma c'è veramente da preoccuparsi? Mica tanto se poi gli stessi studiosi concludono che: «Non possiamo certo demoralizzarci dinanzi ai rischi comportati dalle nuove tecnologie...». Come dire: è l'era hi-tech bellezza, e tu non puoi fermarla.

Le conclusioni degli esperti Usa vanno lette, se pur turandosi il naso. Così, giusto per farci un'idea di quello sporcaccione che teniamo continuamente tra le mani e appoggiato all'orecchio: «Lo stretto contatto con le mani sporche, la vicinanza con la bocca, l'abitudine di tenere il telefonino in tasca, fanno si che il proliferare dei germi sia cosa abbastanza agevole. Tanto da annoverare i cellulari tra gli oggetti che più di tutti, sono i principali vettori dei cosiddetti “super batteri”, microorganismi resistenti agli antibiotici che infestano i nosocomi di tutto il mondo».

Significata la serie di test eseguiti dalla American Academy of Family Physicians i cui esiti di laboratorio confermano uno studio analogo della Ondokuz Mayis University in Turchia. Presi in esame un centinaio di cellulari appartenenti a medici e infermieri: nel 95% degli apparecchi, si sono riscontrati diversi batteri, tra cui il famigerato MRSA (stafilococco aureo), superbatterio, causa della maggior parte delle infezioni ospedaliere degli Stati Uniti. Ma questa storia dei batteri e dei virus che farebbero baldoria sui nostri cellulari è nulla rispetto ai ciclici allarmi (lanciati, smentiti, rilanciari e rismentiti) relativi agli ipotetici «pericoli cancerogeni» legati appunto all'eccessivo uso dei telefoni.

Ma c'è un altro oggetto che, nonostante la sua intrinseca sporcizia, ci auguriamo di non smettere mai di maneggiare: le banconote. Un altro studio statunitense ha riscontrato durante l'analisi di alcune banconote una media di 130 mila batteri a banconota.

La scienza appare però divisa anche sul mito dei «soldi sporchi». A sfatarlo è stato un team internazionale della Ballarat University in Australia. Quello che hanno scoperto i ricercatori è che le famigerate banconote accusate da sempre di essere un ricettacolo di batteri e altri microrganismi nocivi in realtà non ne contengono abbastanza per essere ritenuti pericolosi. «Probabilmente ci sono più batteri in un panino che nel denaro usato per comprarlo», la beffarda conclusione dei cervelloni internazionali. Tutta gente che non farebbe male a soffermarsi anche sui rischi opposti alla «sporcizia», vale a dire i pericoli provenienti dai raptus igienistici. Quelli che disinfettano tutto: dalla maniglia del tram al pomello dei rubinetti, dalla panchina del parco alle posate del ristorante. Fino ad arrivare a vere sindromi che - più che del detersivo - avrebbero bisogno dello psichiatra. Avete presente quello che in chiesa - quando il prete dice: «scambiatevi un segno di pace» - finge di non avere le mani? Mutilato di guerra? No, igienista incallito.

Affetto da cronica idiosincrasia verso l'altrui palmo sudaticcio.

È il fronte più esasperato dell'homo amuchino: per lui la bottiglietta di disinfettante è più importante dell'acqua benedetta. A questo tipo di «malati» consigliamo di seguire in televisione la messa domenicale. Santificheranno così le feste, ma in maniera opportunamente asettica.

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