Benigni, solito show. L'ossessione antiCav gli frutta 5,8 milioni

Prima di parlare della Costituzione, il comico toscano prende di mira Berlusconi. E sull'account di "Che tempo che fa" compare una frase diffamatoria sul Cavaliere

Benigni, solito show. L'ossessione antiCav gli frutta 5,8 milioni

«È davvero una serata specialissima. Volevo ringraziare i vertici della Rai per la possibilità di entrare nelle case degli italiani. I quali hanno risposto che non dovevo ringraziare loro, ma una persona che conta molto più di loro, il presidente Napolitano...». E via salendo fino al Papa, a Nostro Signore e «ancora più in alto... Grazie Silvio».

L'avvio di Roberto Benigni è abbastanza prevedibile, un filo abusato. Ma il suo ritorno su Rai1 con «La più bella del mondo» non poteva cadere in un momento migliore. L'accelerazione politica degli ultimi giorni gli ha servito su un leggio d'argento lo spartito per una performance scoppiettante tra bilanci delle primarie Pd, ritorni in campo, mezze candidature e una campagna elettorale che per un guitto come lui si trasforma nel paese di Bengodi. «In questo dicembre ci sono due cattive notizie. La fine del mondo tra quattro giorni e poi l'altra notizia...». Pausa con scompiscio. «Mentre c'è tanta gente che non riesce ad andare in pensione ce n'è uno che ci può andare quando vuole, invece no... Si ripresenta per la sesta volta... Sembravamo tranquilli, niente da fare. Ecco “Lo Squalo 6”. La settima volta si riposerà, speriamo... Angelino Alfano l'ha mandato al manicomio. Faccio le primarie, no mi candido, no faccio le primarie... Il povero Angelino è passato direttamente dalle primarie al primario, sta in clinica...».

Di Grillo non c'è traccia, Bersani è appena citato. Il bersaglio è unico, il solito Berlusconi. «Ma io gli voglio bene come se fosse normale», maramaldeggia sfiorando l'insulto. Sbertucciato anche Renzi, colpevole guarda caso di essere andato a cena ad Arcore. Qualche frecciata a Monti per le tasse. Ma il Professore indeciso se candidarsi diventa l'alleato per scongiurare la minaccia Berlusconi. A suo agio nello studio circolare in legno color miele, ripreso da 12 telecamere e circondato da 500 spettatori tutti ammessi a invito, Benigni si è lanciato in un lungo parallelo tra il Medioevo e la Seconda Repubblica declinante. In mezzo alla bolgia del Porcellum e alle orge dell'epoca Dante ruppe gli indugi e decise di «fondare il suo partito Per Dante, ovvero il Pd. Non vinse mai», ha chiuso scherzando sul tafazzismo della sinistra.

Dopo la cattedra di dantista e quella di storico, ecco Benigni costituzionalista. Gli specialisti storceranno la bocca. Oltre a lui per i 5 milioni e 800mila euro che entreranno nelle casse della Melampo, si fregheranno le mani anche i dirigenti Rai per il sicuro boom di ascolti (su Rai3 è stato messo a riposo anche a Fabio Fazio). Tra educazione civica, letteratura e religiosità, Benigni cita Manzoni e Leopardi. Ondeggia tra poesia e sferzate antiberlusconiane. E paragona la Costituzione ai Comandamenti che «sono pieni di no», mentre «la nostra Carta invita a desiderare, è la legge del desiderio». I padri costituenti, da La Pira a Togliatti a Fanfani a «Giorgio La Malfa» che scalza il padre Ugo, sembrano aver scritto ispirati da qualche canna come i figli dei fiori.

Hanno messo insieme la Bibbia e Darwin, come avranno fatto? Poi Benigni plana sui «Principi fondamentali», il lavoro e la guerra. Però, la democrazia e la sovranità popolare sono l'architrave dei primi 12 articoli, sono l'antidoto monarchie e populismi. E si ritorna al nemico di sempre. Ma senza livore, in forma di commedia...

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