À la guerre comme à la guerre: nel giro di 24 ore Pier Luigi Bersani ha inzeppato le teste di lista di nomenklatura catto-democristiana (Flavia Nardelli, figlia di Flaminio Piccoli inclusa) per sottrarla a Mario Monti.
Non è stato difficile: data un'occhiata ai sondaggi, anche quelli che avevano già dato la propria disponibilità al Professore, come Giorgio Santini della Cisl, si son fatti due conti, e hanno preferito il seggio assicurato a quello incerto. In nome dei famosi «valori non negoziabili». E vai, dunque, con l'ideatore del Family day, e fiero oppositore delle coppie di fatto, Edo Patriarca: solo il 27 dicembre scorso aveva esultato per il premier, «finalmente in campo la buona politica». Ecco Emma Fattorini di Sant'Egidio (uno sgarro a Riccardi), Ernesto Preziosi dell'Istituto Toniolo e la Nardelli dello Sturzo.
Alla fine, le liste del Pd sono una grande operazione «pigliatutto», con un sapiente mix di apparato e «società civile», di Cgil e Confindustria, di Pci e Dc, una vera e propria Balena bianco-rossa. Dopo una defatigante trattativa sulle candidature, costellata come di consueto di scontri e drammi, dimissioni date e poi rientrate (il segretario regionale di Puglia, Sergio Blasi) e di sofferte rinunce (il segretario di Lombardia, Maurizio Martina) e di sommersi e salvati che cambiavano di ora in ora, il segretario del Pd si è presentato a sera trionfante alla direzione del partito: «Siamo la lepre da inseguire, tutti faranno a gara dietro di noi. Siamo pronti alla guida del paese».
Lui sarà candidato in tre regioni chiave, dove occorre trainare le liste: Lazio, Lombardia e Sicilia. Il vicesegretario Enrico Letta, con Sergio Epifani e la giornalista anti-camorra Rosaria Capacchione guidano in Campania dove, a leggere gli ultimi sondaggi che hanno preoccupato il Nazareno, il risultato della lista De Magistris-Ingroia, nonostante la declinante popolarità del sindaco, può superare le due cifre e far perdere il premio al Senato al Pd. Un premio di quelli fondamentali per vincere la lotteria di Palazzo Madama, perché assicura ben 16 seggi alla prima coalizione.
La campagna acquisti di Bersani, unita al suo nutrito pacchetto di fedelissimi e a quelli dei capicorrente, ha scaraventato nelle liste un numero esorbitante di candidature blindate, che in molti posti hanno messo a rischio i candidati passati per le primarie. In Sicilia un durissimo braccio di ferro ha alla fine respinto l'assalto del Pd centrale e salvato il posto in lista a Sergio D'Antoni. Tra i capilista ci saranno Piero Grasso, Miguel Gotor, Josefa Idem, Massimo Mucchetti, più tutti i big Pd. Fuori la lombarda Bruna Brembilla, attaccata da altri aspiranti candidati Pd per un'inchiesta sulla compravendita di voti che l'aveva sfiorata. Lei denuncia la «campagna diffamatoria» e si tira indietro. Molti i ripescaggi correntizi (Piero Martino, Francesco Saverio Garofani, Alberto Losacco per Dario Franceschini; Pedoto e la portavoce dei pm in Parlamento Donatella Ferranti per Beppe Fioroni, Paola Concia in Abruzzo), molti anche i sacrificati. A Roberto Reggi, braccio destro di Matteo Renzi, non sono stati perdonati gli attacchi a Bersani sui contributi elettorali dei Riva (quelli dell'Ilva).
E c'è chi dice che le battaglie sull'Ilva siano costate il seggio anche all'ambientalista Roberto Della Seta, scacciato dalle liste insieme a Francesco Ferrante. Fuori anche altri parlamentari uscenti rei di essersi schierati con Renzi: Stefano Ceccanti e Alessandro Maran.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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