Roma - Non è certo il primo affondo portato da Sandro Bondi a Giorgio Napolitano. Ma questa volta il messaggio che il coordinatore del Pdl invia al capo dello Stato appare come il segnale di un malumore crescente dentro il centrodestra, di un sentimento che inizia a circolare a vari livelli dentro il partito di Piazza San Lorenzo in Lucina.
«Le riflessioni e le raccomandazioni del capo dello Stato sono il metronomo della politica italiana» dichiara il senatore azzurro in una nota. «Francamente comincio ad avere seri dubbi sull'utilità di questo ruolo esercitato da Napolitano, nella convinzione di guidare dall'alto l'Italia verso l'uscita dalla crisi. Le conseguenze di questo metodo, infatti, non sono affatto incoraggianti». Immediate scattano le interpretazioni. C'è chi mette le parole di Bondi in relazione con il clima sempre più acceso che si vive dentro il Pdl e con il redde rationem andato in scena al Senato, la cui regia qualcuno ascriverebbe allo stesso Napolitano, deciso a mantenere in vita a ogni costo il governo Letta. Altri ritengono che la temperatura sia tornata a salire a causa del disinteresse mostrato da Napolitano per l'eliminazione per via giudiziaria del leader del centrodestra (e alle puntualizzazioni arrivate dal Pd sull'impossibilità di estendere amnistia e indulto anche al cittadino Berlusconi). Una escalation culminata nella richiesta di una modifica regolamentare così da arrivare all'anomalia di un voto palese «ad personam». Un'altra lettura è quella che vede nelle sue parole una reazione alla nota mattutina con cui il presidente della Repubblica ha legato la sua permanenza al Colle a una serie di riforme da realizzare. Una sorta di «memento» vissuto da alcuni dentro il Pdl come una minaccia e una blindatura del governo Letta. «Occorre andare avanti con le scelte di politica economica finanziaria e insieme con le riforme politiche e istituzionali da tempo riconosciute necessarie», le parole di Napolitano. «Quella riforma della legge elettorale, quelle revisioni della seconda parte della Costituzione di cui si è già delineato il percorso attraverso il serio apporto di una commissione altamente qualificata. E si sa che al procedere di queste riforme io ho legato il mio impegno all'atto di una non ricercata rielezione a presidente. Impegno che porterò avanti finche sarò in grado di reggerlo e a quel fine».
L'affondo di Bondi non suscita reazioni eclatanti da parte del mondo politico. A puntare il dito contro di lui solo due parlamentari di Scelta Civica. Il deputato Mariana Rabino parla di «miopia e frustrazione politica». Paolo Vitelli, anche lui deputato, «di gravissimo schiaffo ai danni di chi ha salvato l'Italia dal collasso governativo». Il coordinatore del Pdl, in realtà, è il parlamentare azzurro che meno si è preoccupato in questi mesi di essere accusato del delitto di lesa maestà verso il capo dello Stato.
All'indomani della sentenza della Cassazione che confermò la condanna di Silvio Berlusconi, paventò il pericolo di una «guerra civile» e ambienti del Quirinale definirono «irresponsabili» le sue dichiarazioni. Pronta la controreplica di Bondi. «Non accetto di essere indicato come un irresponsabile. Non mi farò chiudere la bocca da nessuno, neppure da un comunicato del Quirinale».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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