Braccialetto elettronico e irregolari in Albania, ecco il piano anti clandestini del governo

Le anticipazioni sul decreto per aggirare le sentenze sui rimpatri accelerati e anticipare le norme Ue che dovrebbero entrare in vigore nel 2026

Braccialetto elettronico e irregolari in Albania, ecco il piano anti clandestini del governo
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Trasformare l’hotspot in Albania in un Cpr, anticipando la normativa Ue che entrerà in vigore nel 2026, e rivoluzionare il sistema di accoglienza del nostro Paese con l’introduzione del braccialetto elettronico come alternativa alla detenzione dei richiedenti asilo senza diritto, per evitare che una volta liberati in attesa del rimpatrio, spariscano nel nulla

Sono questi, secondo le indiscrezioni di stampa, i punti fermi del cosiddetto decreto bis sul protocollo Italia-Albania con cui l'esecutivo cerca di disinnescare le sentenze filo migranti della parte più ideologica della magistratura che stanno ostacolando il sistema dei rimpatri accelerati nei Paesi sicuri, oggetto di due sentenze (della Cassazione già pubblicata e della Corte Ue, attesa per il 25 febbraio) sulla cui interpretazione rispetto ai reali poteri del governo è scontro con la magistratura.

Secondo quanto ricostruisce “Repubblica” il premier Giorgia Meloni avrebbe discusso di queste potenziali modifiche venerdì pomeriggio col ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, e col sottosegretario di Palazzo Chigi, Alfredo Mantovano.

Trasformare i due centri albanesi al porto di Shengjin e nell’ex aeroporto militare di Gjader in Centri per i rimpatri o Cpr vorrebbe dire portare in Albania non più i richiedenti asilo salvati in mare dalle navi della Marina, della Gdf o della Guardia Costiera ma tutti i migranti irregolari col foglio di espulsione già presenti in Italia, bypassando così la convalida dei trattenimenti dei migranti rigettate finora dalle Corti d’appello e dalle sezioni Immigrazione dei tribunali.

Già oggi Gjader e Shengjin sono tecnicamente parte del territorio italiano come giurisdizione. Nei giorni scorsi lo stesso Piantedosi avrebbe proposto ai colleghi del consiglio Giustizia e Affari interni della Ue di anticipare di un anno il nuovo Patto asilo e immigrazione che prevede di realizzare hub in Paesi terzi da destinare al rimpatrio di immigrati irregolari presenti sul territorio europeo, idea che ha già diversi consensi in Europa, tra cui la stessa presidente della Commissione Ursula von der Leyen.

Dentro la magistratura ci sono già i primi dubbi sulla fattibilità di questa trasformazione da hotspot a Cpr, prima che le nuove norme Ue entrino in vigore. Di difficile praticabilità c’è anche il cosiddetto «monitoraggio elettronico» agli stranieri che arrivano nel nostro Paese e fanno richiesta di protezione internazionale che anticipa il “Messaggero” e che sarebbe scritto in un emendamento del governo alla legge di delegazione europea all'esame del Senato approntato dagli uffici legislativi del Viminale, in cui si prevede “particolari modalità di controllo dei richiedenti protezione internazionale con il monitoraggio elettronico” per controllare “l'efficacia del rispetto di eventuali prescrizioni amministrative”, nel rispetto della privacy dei soggetti coinvolti. Già a giugno circa 100mila braccialetti sarebbero stati ordinati dalla Direzione centrale per l'immigrazione

La procedura, già adottata in altri Paesi europei, fa già discutere come l’ipotesi che i richiedenti asilo possano rimborsare lo Stato italiano, come prevederebbe una recente direttiva Ue: «Gli Stati membri possono esigere che i richiedenti in possesso di mezzi sufficienti sostengano o rimborsino i costi delle condizioni di accoglienza o dell'assistenza sanitaria ricevuta o contribuiscano a sostenerli, anche

attraverso garanzie finanziarie».

Ma su quali richiedenti asilo penderebbero queste ipotesi? Bisognerà aspettare il testo del decreto bis, con sullo sfondo l’allarme del Copasir sulla possibile bomba immigrazione dalla Libia.

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