In piazza della Loggia è un lunedì come un altro, il passeggio, lo struscio. Soltanto sotto il porticato c'è un po' di movimento. Operai della Mac in crisi che agitano le bandiere rosse della Fiom e gruppi di pensionati bersagliati dalle telecamere che attendono di sapere chi sarà il nuovo sindaco. Domenica pomeriggio la Leonessa era in delirio per l'arrivo del Giro d'Italia, in serata era elettrizzata per la partita di calcio (sfortunata) che poteva valere la serie A. Ieri toccava al nome del nuovo primo cittadino e ha regnato il disinteresse.
Una capitale dell'industria italiana che subisce le frustate della crisi più di altre ma che rimane ancora una città ricca, piena di bei negozi, pulita, ordinata. Una calamita per migliaia di lavoratori stranieri che ora mestamente riprendono la via del ritorno. Un laboratorio politico, vecchia roccaforte del cattolicesimo democratico, poi baluardo leghista, quindi avanguardia della fusione tra Democratici di sinistra e Margherita (suggellata dall'elezione a sindaco di Paolo Corsini), infine presidio dei moderati del centrodestra.
Cinque anni fa il sindaco Adriano Paroli (Pdl) trionfò al primo turno con il 51,4 per cento dei voti. Nel 2008 si votò lo stesso giorno delle Politiche e il vincitore, brillante avvocato oggi cinquantunenne, fu trainato anche dal trionfo nazionale di Silvio Berlusconi. Oggi è tutto un altro film. Paroli ondeggia in un testa a testa con Emilio Del Bono, candidato sindaco del Pd. Entrambi sono ex parlamentari, entrambi si fronteggiarono alle scorse Amministrative. Nulla è cambiato nei nomi dei principali contendenti. La mutazione è nel consenso raccolto nelle urne.
Paroli e Del Bono ondeggiano fra il 37 e il 38 per cento separati da una manciata di voti. Il 35,8 del democratico è salito di 2-3 punti; il 52 del sindaco uscente è scivolato pericolosamente. Per tutto il pomeriggio i due sono andati sull'altalena, avanti e indietro, l'uno a inseguire l'altro come ciclisti nella volata che chiude il Giro. Un testa a testa senza avversari: al terzo posto, con meno dell'8 per cento, è Laura Gamba, avvocato trentottenne portavoce del Movimento 5 stelle. I grillini hanno subito una vera batosta: tre mesi fa, alle Politiche, nella città di Brescia avevano sfiorato il 17 per cento.
Nemmeno a Brescia la politica scalda più gli animi. Non è servita una mobilitazione massiccia: 25 liste (nove per Paroli, sei per Del Bono), 10 candidati sindaco, 680 aspiranti ai 32 seggi di consigliere comunale a Palazzo Loggia (erano 40 nel 2008). La vastità della scelta non ha mobilitato l'elettorato. In questo angolo d'Italia la partecipazione al voto superava costantemente l'80 per cento: ieri Brescia si è fermata al 65,5. Nel 2008 l'affluenza era stata pari all'84,9 e nel febbraio scorso era scesa di poco, all'82,1.
Un terzo dei cittadini si è tenuto lontano dall'elezione del sindaco: fenomeno mai visto e difficilmente prevedibile. La prima ad accorgersene era stata domenica mattina l'assessore regionale Viviana Beccalossi. È entrata nel suo seggio, il numero 321, nel quartiere di Urago Mella verso le 10,30: nessun altro prima di lei vi aveva ancora messo piede. «Confesso di esserci rimasta male - ha detto la Beccalossi - e anche di essere un po' spaventata».
Brescia si scopre astensionista, delusa, sfiduciata. «Tradizionalmente l'astensionismo penalizza noi del centrodestra», dice Alessandro Mattinzoli, sindaco di Sirmione e coordinatore provinciale del Pdl. Il coordinatore cittadino, Stefano Saglia, si augura che «finalmente potremo spiegare alla gente la nostra idea di città».
Ma per il ballottaggio del 9 e 10 giugno scatterà anche la caccia ai voti altrui, soprattutto a quelli dei civici Francesco Onofri e Laura Castelletti, entrambi attorno al 7 per cento.
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