C'è una faida tra i radicali L’ex tesoriere rivela il segreto di Pannella

"Riunioni in vasca e amici eletti in Parlamento". Un libro racconta le abitudini del leader storico

C'è una faida tra i radicali  L’ex tesoriere rivela  il segreto di Pannella

Gran buffone o eterno visionario? Squallido opportunista o inguaribile idea­lista? Incallito voltagabbana o granitico in­transigente? Cinico calcolatore o ingenuo idealista? Cioè: vero o falso?

Su Marco Pannella ci stiamo interrogan­do da mezzo secolo, senza che nessuno ab­bia trovato una risposta certa, se non la propria. Chi lo fa cialtrone e chi lo fa santo. Chi lo fa Pulcinella e chi lo fa Gandhi. Par­landone da vivo, c’è un gran mercato di vecchi amici, di nuovi amici e di ex amici che giurano di detenere le verità vere sulla discussa icona.L’ultimo a farsi vivo è Dani­lo Quinto, nella sua prima vita un radicale devoto al capo e un prezioso tesoriere del partito, ma nella seconda, dopo le feroce rottura del 2005, grande convertito alla causa cattolica, come ora spiega subito nel titolo del suo libro: Da servo di Pannel­la a figlio libero di Dio . Il volume è edito da Fede&Cultura e sarà in distribuzione nei prossimi giorni, ma un paio di probanti ca­pitoli circola già su Panorama.

it . Anche in questo caso, nonostante si tratti in fondo di un’autobiografia, la parte più piccante va inevitabilmente a parare proprio là, nel cerchio magico del mitologico Marco. Quinto sembra aprire il libro dei ricordi, di quand’era fedele fino all’idolatria,ma l’ef­fetto ha un nome solo: demolizione. Quan­do Pannella entra in riunione «mano nella mano con l’ultimo dei suoi fidanzati, im­ponendolo come futuro parlamentare». Quando nel 1980 accoglie Gaetano Qua­gliariello, a casa sua per annunciargli le di­missioni da vicesegretario, nudo dentro la vasca da bagno, in pieno digiuno, sospi­rando parole patetiche: «E tu vorresti di­metterti proprio ora, lasciandomi in que­sto stato?». Quando durante gli storici di­giuni beve a favore di telecamera la sua uri­na, però prima opportunamente bollita e sterilizzata, come da astuta indicazione di un medico compiacente. Questo ed altro, le campagne plateali e gli istrionici anate­mi, tutto ad un solo scopo personale,l’uni­co che gli prema davvero: «Raggiungere l’obiettivo dell’audience,mostrando in te­levisione e s­ui giornali il suo volto perenne­mente in lotta per i più deboli e i più indife­si ».

Certo non servono libri avvelenati per capire come dietro, o davanti, o dentro il fe­nomeno Pannella si agiti da sempre un grande Ego. Un bel Narciso. Ma ridurre il personaggio dentro la gabbia stretta delle sue pulsioni vanitose risulta comunque in­giusto, decisamente parziale. Quinto, dati i conti personali rimasti aperti, riesce be­nissimo nell’operazione e tanto gli basta. Ma visto da fuori, Pannella non appare so­lo così, solo questo, agli italiani. Gli va rico­nosciuto. Pannella ha comunque siringa­to nel nostro bislacco sistema politico un metodo, uno stile, un marchio che sicura­mente potremmo già mettere a vocabola­rio come «pannellismo». E tutti sappiamo che s’intende dire. Molto prima dell’anti­politica demagogica e populista, molto prima della Lega, di Tonino Di Pietro, di Beppe Grillo, Pannella ha creduto talmen­te tanto nella politica, nella politica alta e vera, da sferzarla e incalzarla per tutta la vi­ta, un po’ sentinella e un po’ Torquemada, con i suoi eccessi e le sue sbandate, ma sempre lasciando un segno.

Forse ha delu­so il suo ex tesoriere, ma certamente ha scatenato in tanti di noi una sottile invidia, per essersi garantito un privilegio raro, che riesce a pochi: a modo suo, nel suo ge­nere, ha assaporato molto da vicino l’in­confondibile aroma della libertà vera.

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