Calderoli, la mafia e il malaffare

Calderoli, la mafia e il malaffare
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Non c’è nulla di normale nel fatto che il ministro per gli affari regionali Roberto Calderoli sia stato minacciato di morte perché vuole realizzare l’autonomia differenziata nelle regioni che lo chiederanno. Il biglietto intimidatorio, in cui si legge che il mittente sarebbe «la mafia», ha suscitato una solidarietà bipartisan.
È comprensibile, comunque, che le organizzazioni criminali del Mezzogiorno siano contro ogni autogoverno. Senza dubbio la riforma in discussione, che per forza di cosa rispetta i principi di uguaglianza affermati in Costituzione (e quindi anche l’esigenza di prestazioni omogenee in tutta la Penisola), se si tradurrà in norme di legge non sposterà un solo euro.
L’autonomia di cui si parla non intende eliminare quel «residuo fiscale» in ragione del quale – ad esempio – la Lombardia dà allo Stato oltre 50 miliardi all’anno in più di quanto non riceva in servizi.
Se l’autonomia differenziata vedrà la luce, i saldi del dare e dell’avere riguardanti le regioni d’Italia non verranno toccati, ma si avrà la possibilità di gestire in loco alcune attività. Gli oneri legati a una funzione attualmente «nazionale» e poi regionalizzata saranno sostenuti grazie a una compartecipazione tributaria equivalente a quanto ora lo Stato spende.
Per quale motivo, allora, a chiedere l’autonomia differenziata è soprattutto il Nord, mentre dal Mezzogiorno si alzano spesso voci contrarie? Il motivo è in larga misura legato alle prospettive. Se la Lombardia oppure l’Emilia Romagna dovessero iniziare a gestire da sé talune funzioni, prima o poi potrebbero anche rivendicare la facoltà di avere non già una semplice compartecipazione a tributi nazionali, ma invece imposte proprie. C’è insomma la possibilità che s’inneschi un meccanismo di autonomie crescenti e perfino di concorrenza istituzionale, la quale spinga ogni regione a produrre i servizi migliori e tassare il meno possibile.
Coloro che al Sud avversano questo processo, però, sanno che se tali logiche dovessero imporsi anche nel Meridione la possibilità di costruire immense fortune sugli appalti, ad esempio, potrebbe venir meno. In ogni cantone svizzero le risorse spese sul territorio vengono dalle tasche dei cittadini di quella comunità: se la stessa cosa fosse vera pure in Calabria o in Sicilia ne deriverebbe immediatamente una più oculata gestione del soldo pubblico.
Oggi le organizzazioni mafiose vivono all’ombra dello Stato e la loro possibilità di realizzare affari è tanto maggiore quanto più i soldi non vengono dai cittadini del posto.

La cosiddetta «finanza derivata», che fa affluire tutte le risorse a Roma e poi le attribuisce a livello locale, agevola i criminali, che in un quadro di vere autonomie troverebbero parecchi ostacoli. Ecco perché quel biglietto, chiunque l’abbia scritto, ha sua logica e deve far riflettere.

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