Calderoli resiste: caso chiuso. Ma Letta minaccia Maroni

"Kyenge orango", il vicepresidente del Senato in aula ammette l'errore e fa mea culpa. Il premier insiste con le dimissioni ma il ministro dell'Integrazione dà la mano al leghista

Calderoli resiste: caso chiuso. Ma Letta minaccia Maroni

Roma - Lega versus Enrico Letta. Roberto Calderoli davanti all'assemblea di Palazzo Madama riconosce il suo errore e si mostra contrito ma rifiuta l'etichetta di razzista e non si dimette. Ma se la questione per la Lega è chiusa non lo è affatto per Palazzo Chigi. Il premier Letta non si accontenta del mea culpa, vuole che Calderoli non possa più presiedere ai lavori del Senato («È una vergogna - dice da Londra, solo se si dimette si risolve il problema») e chiama di nuovo in causa il segretario della Lega, Roberto Maroni, ritenendolo «correo dell'insulto al ministro Kyenge» perché non costringe Calderoli a dimettersi da vicepresidente di Palazzo Madama. Ma per la Lega l'insulto alla Kyenge è stato «lavato» con l'ammissione dell'errore. E queste scuse sembrano essere state ritenute sufficienti anche dallo stesso ministro Kyenge che ha stretto la mano a Calderoli in aula dopo il suo intervento. «È stata una giornata dura ma l'ho conclusa bene stringendo la mano al ministro», il commento del leghista.

Calderoli in effetti ha chiesto scusa a tutti. Prima di tutto al ministro dell'Integrazione, Cecile Kyenge, da lui paragonata ad un orango ma anche al presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, e ai colleghi senatori. «Ho commesso un errore gravissimo, ho fatto una sciocchezza - ammette - Ho spostato il confronto dal piano politico a quello personale. Ma mi sono già scusato con il ministro che ha accettato le mie scuse ed ha compreso che quella frase non voleva avere significati razziali o peggio ancora razzisti».

Quindi Calderoli a lasciare la carica di vicepresidente non ci pensa proprio. «Sarei stato pronto a dimettermi se le forze politiche grazie ai cui voti sono stato eletto me lo avessero chiesto, sono un vicepresidente di opposizione - prosegue - Ho fatto una sciocchezza lo riconosco ma chiedo il giudizio su di me venga dato sui miei comportamenti in aula e quando la presiedo. Sul mio ruolo politico il giudizio spetta agli elettori». Insomma se a chiedere le dimissioni è il Pd la risposta di Calderoli è picche. E il leghista conclude con una stoccata proprio al governo. «Manderò un mazzo di rose al ministro Kyenge - promette - ma non farò sconti ad un governo che consente e quasi incoraggia l'immigrazione illegale e che ha consentito che una donna ed una bambina fossero deportate e consegnate nelle mani dei loro persecutori». Ed in effetti la richiesta di dimissioni è stata avanzata con forza soltanto dal Pd. Il gruppo di M5S al Senato in effetti non sembra essersi scaldato più di tanto per la questione. Tanto che ieri si è sentito in dovere di intervenire Beppe Grillo per spiegare l'iniziale silenzio. «L'indignazione verso Calderoli è giusta e la sua battuta verso un ministro di origine congolese è da condannare - scrive sul suo blog - Calderoli però non è vicepresidente per caso, lo hanno voluto lì Pdl Pdmenoelle e Capitano Findus Letta non ha fatto alcuna obiezione». Insomma il problema per Grillo è il governo Letta e chi lo sostiene non Calderoli.

La frattura tra Letta e Lega però non è ancora ripararata Letta aveva chiaramente detto di non potere pensare a collaborare con il governatore della Lombardia se non fosse intervenuto con decisione su Calderoli. E se Maroni insiste a dire che per lui la questione è chiusa la secca replica di Palazzo Chigi getta un'ombra piuttosto pesante sulle future collaborazioni.

Accusato di essere «scivolato» sull'allusione alla necessità di collaborare sull'Expo, definita una «minaccia mafiosa» da parte di alcuni esponenti del Carroccio, Letta replica dicendo che la scivolata non è sua ma di Maroni. «È un leader che non riesce a far dimettere Calderoli dalla vicepresidenza del Senato - recita la secca nota di governo - La nostra conclusione è che così Maroni si rende correo dell'insulto al ministro Kyenge».

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