"Care tutte, cari tutti". La "schwa" di Elly Schlein ha come priorità la sinistra femminista

L'analisi del discorso della neo segretaria tra "inclusività" e muri da abbattere

"Care tutte, cari tutti". La "schwa" di Elly Schlein ha come priorità la sinistra femminista

Con l'assemblea del Pd di ieri, inizia ufficialmente la stagione di Elly Schlein inaugurata da un discorso in cui il neo segretario ha sintetizzato temi, parole e linguaggio che adotterà per guidare la sinistra italiana. Una sinistra che sarà «ecologista, femminista, inclusiva e di governo», da qui l'utilizzo del femminile per rivolgersi alla platea sin dalle prime parole: «Care tutte e cari tutti». Un uso del linguaggio inclusivo che verrà ripreso in più passaggi «dipenderà da tutte e tutti noi», «milioni di italiane e di italiani», fino alla conclusione in cui ha ripetuto la formula «care tutte e cari tutti». In attesa di trovare il modo per replicare anche oralmente la schwa e l'uso degli asterischi al posto delle vocali finali nelle parole, non resta che accontentarsi dell'utilizzo del femminile prima del maschile per essere il più inclusivi possibili. Meno inclusivi sono i suoi riferimenti alla destra italiana o, per meglio dire, alle destre definite «le peggiori d'Europa», per questo occorre una proposta politica «alternativa alle destre che governano questo Paese». La destra sembra essere un'ossessione per la Schlein, testimoniando la continuità con un linguaggio utilizzato fino ad oggi dal Pd: «Sono deboli con i forti e forti con i deboli, non hanno il coraggio di dire ai loro alleati in Europa, come Orban, che non si può volere i benefici dell'Ue se non se ne condividono le responsabilità. Vorrei sentirlo dire a Giorgia Meloni». Così la Schlein se la prende con «l'inumanità delle scelte di chi oggi governa il Paese» sostenendo la necessità di «strumenti di emancipazione e di riscatto» di cui il Pd deve farsi interprete «davanti alle risposte sbagliate del governo di Giorgia Meloni, il governo più a destra della storia repubblicana. Noi siamo altro». In cosa consista questo altro è presto detto: «salario minimo», «questione climatica e sociale», «riconoscere i figli delle famiglie omogenitoriali», diritti per la «comunità Lgbtq+» e per gli «italiani di nuova generazione». Eppure, più delle proposte, nell'agenda e nel linguaggio della Schlein emerge un approccio non costruttivo: «opposizione all'autonomia differenziata», «muro sulla riforma fiscale», «abolire la Bossi-Fini» (perché la sinistra non lo ha fatto negli ultimi undici anni in cui ha governato?). L'unità del partito è un tema che sta particolarmente a cuore al nuovo segretario così come il concetto di «comunità» affermato scandendo le lettere una ad una, allo stesso modo di «credibilità» e «responsabilità». Un'unità che si ottiene «lavorando insieme» e lasciandosi alle spalle «le conflittualità interne che ci sottraggono energie preziose». Nonostante questi richiami, il neo segretario non ha risparmiato un attacco a una parte della classe dirigente del Pd: «Non vogliamo più vedere irregolarità sui tesseramenti, abbiamo dei mali da estirpare, non vogliamo più vedere capibastone e cacicchi vari. Su questo dovremo lavorare tanto insieme, ne va della credibilità del Pd, su cui non sono disposta a cedere di un millimetro». Parole che fanno emergere un tratto anti-establishment allo stesso modo dell'elemento di rinnovamento: «Bisogna rinnovare il gruppo dirigente avendo però l'ambizione non di un vuoto nuovismo, ma quella di creare nuovi ponti intergenerazionali».

Il primo discorso da segretario della Schlein ci consegna un Pd ancor più sbilanciato sui diritti e le minoranze con un linguaggio simile alla sinistra liberal americana modello Alexandria Ocasio-Cortez, chissà cosa ne penseranno gli operai italiani.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica