Casini: "L'Udc è morto"

Dal "vinceremo noi" alla certificazione di un fallimento. Al macero le profezie di Casini

Il leader dell'Udc Pier Ferdinando Casini
Il leader dell'Udc Pier Ferdinando Casini

"Io non ne posso più di stare solo. In politica la solitudine non è una cosa così piacevole. Non vedo l'ora di fare una campagna elettorale dove c'è qualcuno che la fa assieme a me con l'autorevolezza e il prestigio di Monti". Così parlò Pier Ferdinando Casini.

Era il 18 gennaio 2013 e il leader dell'Udc gongolava. Salito sul carro bocconiano per garantirsi uno scranno in Parlamento (unica cosa che ha realmente conseguito), convinto che il nuovo centro fosse il salvatore della patria, sicuro che "il polo di Monti corre per vincere" perché "la partita è tra lui e Bersani"; certo che "i voti andati a noi varranno doppio perché sono voti di italiani che non si rassegnano a dare l'egemonia a Bersani e Vendola"; baldanzoso perché "mi sento competitivo con il Pd e alternativo al Pdl", la verità è che le profezie è meglio lasciarle ai chiromanti. Casini non ne ha azzeccata alcuna.

Poi il giorno delle urne si avvicinò, i sondaggi cominciarono a fotografare una situazione diversa e allora Casini schiacciò il freno: "Quanto prenderà l'Udc alla Camera? Non mi piace fare il mago Merlino e condizionare gli elettori con le previsioni...". Successe pure che ritornò la solitudine e che lui, Monti e Fini fecero una campagna elettorale ognuno per conto proprio, chiudendola in posti diversi.

Poi arrivò la batosta elettorale. E la certificazione del fallimento del "nuovo" centro. Un misero 1,8% alla Camera per l'Udc. "Risultato dignitoso ma al di sotto delle aspettative anche al Senato, onore a chi ha vinto, l'Udc sapeva che si trattava di una scelta da "donazione del sangue", ma ne valeva la pena, speravamo fosse premiato il nostro atteggiamento, le nostre proposte che sapevamo impopolari", commentò mestamente il leader dell'Udc.

Che oggi, in base a quanto riportato da Repubblica, celebra i funerali del partito: "L'Udc è morto, è stata una storia bella, ma è finita. Inutile accanirsi", avrebbe detto Casini, che oggi non presenzierà al consiglio nazionale del partito di via Due Macelli. "È meglio se non partecipo", avrebbe detto al telefono con Lorenzo Cesa aggiungendo di essere "un senatore vicino alla pensione". Al consiglio nazionale, Casini ha inviato una missiva che lascia pochi dubbi. "Abbiamo combattuto una buona battaglia, in coerenza con i nostri valori, ma abbiamo ottenuto un amarissimo risultato elettorale. Per quanto mi riguarda, so che una stagione si è chiusa", scrive il leader Udc.

Insomma, a decretare la fine politica di Casini è stato quello che doveva essere il suo salvatore: Mario Monti. Perché la linea del marciare divisi per colpire uniti non ha funzionato. Il disastro elettorale è stato inevitabile.

Eppure, nonostante tutto e dopo giorni di gelo tra i due, Casini e il Professore sono tornati a incontrarsi. I due avrebbero parlato di strategie future e dell’eventualità che si vada al voto nel giro di qualche mese. E in quel caso, il rischio che l'area di centro venga ulteriormente surclassata è alto.

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