Caso De Gregorio, respinto il giudizio immediato per il Cav

Stoppato l'assalto giudiziario della magistratura partenopea. Il gip respinge la richiesta di giudizio immediato avvanzata da Woodcock e Piscitelli: leggi l'ordinanza

Il pm di Napoli Henry John Woodcock
Il pm di Napoli Henry John Woodcock

Primo stop per i pm Henry John Woodcock e Vincenzo Piscitelli. Questa mattina il gip Marina Cimma ha respinto la richiesta di giudizio immediato avvanzata dai pm pertenoperi per Silvio Berlusconi, Sergio De Gregorio e Valter Lavitola, che sono indagati per la presunta corruzione dei senatori ai tempi del governo Prodi (leggi l'ordinanza). "Non è così evidente che la scelta di De Gregorio di votare contro la maggioranza di governo sia destinata ad assicurare a Berlusconi il massimo beneficio - ha spiegato il girp - e soprattutto che la stessa sia ricollegabile al compenso dal medesimo ricevuto".

I pm avevano avanzato la richiesta di rito alternativo lo scorso 11 marzo per portare il Cavaliere quanto prima alla sbarra. La mossa delle toghe partenopeo rientra, infatti, un violentissimo attacco che, da Milano a Napoli, sta portando avanti una certa magistratura. Il giudice per le indagini preliminari di Napoli, Marina Cimma, ha inviato nuovamente gli atti ai pubblici ministeri che avevano, appunto, chiesto il giudizio immediato. Dopo l’acquisizione del fascicolo dovrebbero procedere all’avviso della con conclusione delle indagini preliminari e chiedere la fissazione dell’udienza preliminare per i tre indagati. I difensori del Cavaliere, Michele Cerabona e Niccolò Ghedini, avevano depositato una memoria nella quale sottolineavano tra l’altro che il loro cliente non era stato interrogato nonostante ce ne fosse da parte sua la volontà. Il mancato interrogatorio del Cavaliere davanti ai pm figura, infatti tra i motivi per cui il gip di Napoli ha negato il processo con rito immediato. "Solo quando all’imputato siano state contestate le prove di accusa e di esporre la propria linea difensiva è possibile formulare quel giudizio di evidenza della prova alla base del processo con rito immediato", ha scritto il giudice.

La procura di Napoli era, invece, convinta che le indagini della Guardia di Finanza avessero fatto già emergere la prova della corruzione. "Le indagini svolte per quanto complete non consentono di ritenere allo stato superflua la celebrazione dell’udienza preliminare - ha continuato il gip Cimma - le prove acquisite non depongono univocamente nel senso della sussistenza del reato di corruzione". La vicenda è quella della presunta compravendita di senatori nel 2006-2008, in particolare con il passaggio di De Gregorio dall’Italia dei Valori al Pdl per 3 milioni di euro. Per il gip, invece, manca l’evidenza della prova del reato di corruzione, mentre sussistono gli elementi per ritenere che le somme erogate da Berlusconi a De Gregorio erano destinate a sostenere il suo movimento "Italiani nel mondo".

"All’esito di un’attenta e approfondita disamina delle dichiarazioni rese da De Gregorio non può farsi a meno di evidenziare che la prova circa l’esistenza di un accordo corruttivo intervenuto tra gli imputati è tutt’altro che evidente, attesa la genericità di tali dichiarazioni in merito alle modalità ed ai tempi dell’accordo", ha chiarito il giudice secondo cui le somme corrisposte da Berlusconi per il tramite di Lavitola erano "destinate a finanziare il movimento politico al punto che lo stesso De Gregorio ha ribadito che gli sarebbero bastati tre milioni di euro per rilanciare la forza politica" e che ovviamente "Berlusconi non sapeva che la maggior parte di questi soldi servivano per coprire i buchi di cassa".

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