Berlusconi torna single. Il tribunale di Monza, infatti, con una sentenza parziale ha dichiarato lo scioglimento del matrimonio con Veronica Lario. Sentenza parziale: il divorzio c'è ma le condizioni sono ancora oggetto di giudizio. Il contenzioso tra i due resta aperto visto che non c'è l'accordo definitivo sull'assegno mensile che il Cavaliere deve staccare per mantenere l'ex moglie. Davanti alla Corte d'appello di Milano ci sono due procedimenti tutt'ora aperti. La Lario aveva infatti richiesto un assegno mensile di 3 milioni di euro ma l'ex premier aveva fatto ricorso. Così, il maxi assegno era stato «limato» e portato a 1 milione e 400mila. Naturalmente l'ex first lady ha fatto ricorso e ora si attende il verdetto finale del giudice che dovrebbe arrivare tra qualche settimana.
E mentre il tribunale lo dichiara ufficialmente divorziato, l'ex premier, dopo una visita a Milanello, si ributta nelle questioni politiche e atterra a Roma nel tardo pomeriggio. C'è da «consultare» il premier in pectore Renzi. Berlusconi lo abbraccia ma con cautela. E questa mattina glielo dirà a quattr'occhi a Montecitorio. I due si rivedono per la prima volta dopo il 18 gennaio, data in cui siglarono il famoso patto del Nazareno. Allora Berlusconi e Renzi raggiunsero l'intesa su legge elettorale e riforme costituzionali. Proprio su questi temi il Cavaliere metterà in guardia il premier in pectore: «Pacta servanda sunt», dirà Berlusconi. «I patti si mantengono. Noi ci stiamo ma niente cedimenti ai piccoli partiti» che sono intenzionati a picconare l'Italicum per ragioni di spicciola sopravvivenza. Insomma, c'è da blindare la legge elettorale per salvaguardare il bipolarismo e disinnescare le mine dei piccoli partiti e il loro potere ricattatorio. Su questo Renzi e Berlusconi sono sulla stessa lunghezza d'onda. Se infatti il governo che sta per nascere dovesse morire in fasce o poco più, entrambi hanno l'interesse di poter tornare al voto con regole che limitino al massimo il concime ai rispettivi cespugli. Ecco perché il Cavaliere non vede con sfavore l'ipotesi che dal gruppo parlamentare del Gal, composto da undici senatori provenienti dall'ex Pdl, da Grande Sud di Miccichè, e dall'Mpa di Lombardo possa arrivare un'altra stampella a Renzi. Se così fosse, infatti, sarebbe molto indebolito il potere d'interdizione di Alfano & C.
Altro tema sul tavolo è il governo. Forza Italia sarà all'opposizione. Quindi sarà sfiducia. Ma sarà una sfiducia morbida e costruttiva. Vale a dire: laddove Renzi presenterà provvedimenti che piacciono agli azzurri, arriverà l'ok anche da Forza Italia. Su tutti: l'abolizione o il taglio dell'Irap; la sburocratizzazione della Pubblica amministrazione; la velocizzazione dei pagamenti alle imprese da parte dello Stato; la battaglia a Bruxelles per rompere le politiche del rigore e dell'austerità. Accanto alle motivazioni prettamente politiche, Renzi può contare su motivazioni personali che ne limitano l'ostilità: a Berlusconi piace il piglio decisionista del quasi premier.
Detto questo il Cavaliere non mancherà di mettere in guardia Renzi: «Attento che tra il dire il fare c'è di mezzo il mare», è il senso del ragionamento che farà leader di Forza Italia.
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