Il rapporto dei tre cardinali sul caso Vatileaks, consegnato lo scorso dicembre a Benedetto XVI, è a disposizione di Papa Francesco. Lo fa sapere il portavoce del Vaticano, padre Federico Lombardi, che con una battuta precisa: "Ma certo avrà avuto tante altre cose da fare in questi giorni che mi meraviglierei se se ne fosse già occupato". Ai tre cardinali che lo hanno preparato (Herranz, Tomko e De Giorgi) il nuovo Papa ha assicurato che presto lo prenderà seriamente in considerazione.
Centocinquanta delegazioni da tutto il mondo a Roma per assistere alla messa d'inaugurazione del pontificato di papa Francesco, in programma domani. Il primo incontro del nuovo pontefice con un capo di Stato è con la presidente argentina Cristina Kirchner, nella Casa di Santa Maria, la residenza interna al Vaticano dove per il momento alloggia il Santo Padre. Tra Bergoglio, già arcivescovo di Buenos Aires, e la Kirchner non è mai corso buon sangue. Come ricorda il giornale argentino Clarin, i contrasti tra la Kirchner e Bergoglio risalgono ai primi anni del governo di Nestor Kirchner. Tutto ebbe inizio nel 2004, quando il capo dell’episcopato argentino criticò "l’esibizionismo e gli annunci altisonanti" dell’allora presidente, il quale a sua volta definì l’alto prelato "il vero rappresentante dell’opposizione". I contrasti furono così forti, ricorda ancora il Clarin, che il presidente Kirchner arrivò a dire: "Il nostro Dio è di tutti, ma attento che anche il diavolo arriva a tutti, a quelli che indossano i pantaloni e a quelli che indossano la tonaca". I contrasti si sono ripetuti anche con Cristina dopo la sua ascesa alla presidenza. In particolare la Chiesa argentina ha criticato alcune leggi promosse dalla presidente, tra cui quella sui matrimoni gay. Dopo l’elezione di Bergoglio a Papa, Cristina ha ricordato le divergenze con l’ex arcivescovo di Buenos Aires, e gli ha inviato una lettera di congratulazioni abbastanza fredda. E alcune persone vicine alla Kirchner hanno subito rilanciato, sui giornali, la vecchia accusa a Bergoglio di complicità con l’ultima dittatura militare argentina. Accusa che il Vaticano ha respinto con fermezza.
A rappresentare gli Stati Uniti c'è il vicepresidente Joe Biden, accompagnato dalla figlia Naomi e dalla sorella Valerie. Della delegazione Usa fanno parte anche Nancy Pelosi, ex speaker della Camera dei rappresentanti, Susana Martinez, governatore del New Mexico, e John DeGioia, presidente della Georgetown University di Washington, la più antica università cattolica degli Stati Uniti, fondata dalla Compagnia di Gesù, lo stesso ordine religioso del nuovo pontefice. Dopo l'entusiasmo con cui Obama ha accolto la notizia dell'elezione del nuovo Papa, la presenza del cattolico Biden alla messa di insediamento è un segnale molto importante che la Casa Bianca intende mandare Oltretevere. Un segnale di rispetto ma sicuramente anche di apertura. Vedremo nei prossimi mesi se vi saranno altri segnali di collaborazione in tal senso.
C'è da registrare anche qualche polemica per la presenza, a Roma, del controverso presidente dello Zimbabwe, Robert Mugabe, nonostante le sanzioni imposte dall’Ue che gli impediscono di viaggiare e transitare in Europa. Ma l'anziano leader africano, 89 anni, accusato dalla comunità internazionale di essere un sanguinario dittatore senza scrupoli, si professa cattolico e non vuole assolutamente mancare all’avvenimento. Così come accadde per i funerali (nel 2005) di Giovanni Paolo II e la sua beatificazione (nel 2011), potrà beneficiare delle deroghe previste dalle sanzioni, tra cui quella "per obblighi religiosi", e transitare e soggiornare in Italia per dirigersi verso lo Stato vaticano. Il Vaticano, del resto, ha con lo Zimbabwe normali relazioni diplomatiche e per la Santa Sede, quella di Mugabe è una presenza come un’altra. Il portavoce, padre Federico Lombardi, ha spiegato nei giorni scorsi che non esistono "inviti specifici" per partecipare alla messa di insediamento: chi lo desidera "è benvenuto".
Lombardi: l'anello del Papa sarà d'argento
L’anello del pescatore scelto da Papa Bergoglio che gli verrà consegnato domani è in argento dorato. Lo ha detto il direttore della sala stampa vaticana, padre Federico Lombardi, nell'incontro con i giornalisti, aggiungendo che l’autore del modello è scultore Enrico Manfrini, morto nel 2004. Papa Francesco ha confermato il suo stemma e il relativo motto che aveva da vescovo. Il motto sarà "miserando atque eligendo": la frase latina, tratta dal Vangelo di Matteo, descrive l'atteggiamento di Gesù verso il pubblicano che "guardò con misericordia e scelse".
Lo stemma prevede in campo blu tre immagini in color oro: in alto campeggia l’emblema dell’ordine di provenienza del Papa, la Compagnia di Gesù: un sole raggiante e fiammeggiante caricato dalle lettere, in rosso, IHS, monogramma di Cristo. La lettera H è sormontata da una croce; in punta, i tre chiodi in nero. In basso, si trovano la stella e il fiore di nardo.
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