Non ci gira intorno. E affonda il progetto: gli accordi stipulati fra Italia e Albania, spiega il cardinal Matteo Zuppi, «sono di per sé un'ammissione di non essere in grado» di gestire il fenomeno. Una bocciatura, dunque, senza se e senza ma dell'intesa con Tirana. «Ci si chiede - insiste l'arcivescovo di Bologna - perché non venga sistemata meglio l'accoglienza qui». E ancora: «Dico che è sicuramente importante avere un sistema di accoglienza che dia sicurezza a tutti, sia a chi accoglie che a chi viene accolto».
Il cardinale parla a margine della presentazione del Rapporto italiani nel mondo 2023, della Fondazione Migrantes e, dunque, questa è l'occasione perfetta per fare il punto su un tema incandescente che segna la politica e la lotta fra i partiti. Proprio il giorno prima era emerso il piano di Giorgia Meloni che ha bussato e chiesto aiuto a Tirana, sull'altra sponda dell'Adriatico. Non tutto è ancora perfettamente chiaro, ma si capisce che l'Albania appoggerà il nostro Paese su questo versante, ospitando in due centri fino a 3 mila persone alla volta; la gestione, a quanto si è capito, resterà alle autorità italiane, ma Zuppi va al nocciolo della questione. Esportare migranti non è un'idea saggia secondo il presidente della conferenza episcopale italiana. La Chiesa ha sempre avuto una pluralità di posizioni su temi e questioni divisivi che intercettano il voto di milioni di persone e spaccano il Palazzo, ma certo Zuppi, peraltro in perfetta sintonia con Papa Francesco che l'ha spedito in mezzo mondo per trattare sulla guerra scatenata da Mosca, sposa una sensibilità progressista. Zuppi del resto viene dalla Comunità di Sant'Egidio che è sempre stata presente sulla frontiera della solidarietà e ha saputo trovare soluzioni innovative per disinnescare conflitti e guerre in Africa. Per Zuppi la mossa ha il fiato corto, forse gli sembra un pasticcio, certo non lo convince.
Facile immaginare che per Meloni la discesa in campo di Tirana abbia un altro significato: far vedere all'Europa che c'è qualcuno che passa dalle opere ai fatti. Il memorandum con la Tunisia si è incartato, la revisione dell'accordo di Dublino è in alto mare, i partner della Ue procedono, eufemismo, in ordine sparso. Così la premier sembra voler dire che l'Italia ha trovato chi l'aiuterà ad affrontare in qualche modo un'emergenza interminabile. Zuppi la vede in un altro modo e in sostanza prende le distanze dal governo su un punto così importante. «Parlare dell'accoglienza - osserva - significa anche parlare di che cosa vogliamo, non dobbiamo avere paura dell'accoglienza e se la gestiamo bene, come deve essere gestita, l'accoglienza è quella che ci permetterà un futuro più grande e anche doveroso, considerando la capacità, la forza del nostro Paese e dell'Europa». Zuppi indica una strada, un percorso, se si vuole una filosofia di fondo che è una profezia di quel che potrebbe essere.
Poi ci sono i problemi, le feroci divisioni che si manifestano a Bruxelles, le ondate di profughi che portano al collasso Lampedusa, le sentenze dei giudici che interpretano le norme e tutto il resto. Roma e la Chiesa non sono allineate, almeno su questo capitolo. Resta la distanza: quello che per Matteo Piantedosi è un modello «innovativo» per Matteo Zuppi è un passo falso.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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