Il Colle boccia l'ipotesi di graziare il leader Pdl: "Soltanto speculazioni"

Il Quirinale spegne sul nascere le voci di un intervento in favore del Cav. Il partito dà il via alla raccolta firme per il referendum sulla giustizia

Il Colle boccia l'ipotesi di graziare il leader Pdl: "Soltanto speculazioni"

Roma - Napolitano spazza via ogni ipotesi di grazia a Berlusconi. Lo fa con una nota, per smentire la tesi sostenuta da Libero secondo la quale il capo dello Stato avrebbe prospettato la clemenza al Cavaliere, in caso di condanna. Con un mezzo assenso di Letta jr. «Queste speculazioni su provvedimenti di competenza del capo dello Stato in un futuro indeterminato sono un segno di analfabetismo e sguaiatezza istituzionale», si legge nella nota del Colle. Non solo: «Queste speculazioni danno il senso di una assoluta irresponsabilità politica che può soltanto avvelenare il clima della vita pubblica». Si tratta insomma, di «abituali provocazioni di certi giornali che per la loro sguaiatezza e rozzezza dal punto di vista istituzionale non meritano alcuna attenzione né tanto meno alcun commento».

Un nota durissima nel giorno in cui il Pdl si adegua alla linea del capo: non è il momento di ruggire. Almeno fino al 30 luglio la linea è la «linea Coppi»: volare basso. Anche perché non è scontata la condanna. Così, il partito frena la pancia e segue la testa. Sulle agenzie di stampa è quasi silenzio assoluto. Nessuno ha voglia di esternare e dettare righe di fuoco e neppure di ghiaccio. È ovvio, tuttavia, che la linea da pompiere non ha spento l'incendio. Nell'animo di tutti i pidiellini la cenere cova accesa. Un deputato che vuole mantenere l'anonimato sintetizza: «Tutti sappiamo che l'effetto politico di un'eventuale sentenza negativa non sarà indolore». Chi parla mettendoci faccia, nome e cognome è Augusto Minzolini: «Che succede se arriva la condanna? È come se il governo vivesse con una clausola di dissolvenza. Noi che abbiamo sempre detto che il nostro leader è vittima di una persecuzione giudiziaria da parte di una frangia di magistrati politicizzati. E dovremmo star fermi se le procure uccidessero il nostro leader?», domanda incredulo. Ma poi sottolinea un altro aspetto: «Se arrivasse la condanna non escludo che sia il Pd a mandare a casa Letta. Diranno: “Come facciamo a governare anche solo un minuto di più con un condannato in via definitiva?”».

Un ex ministro, sconsolato, ammette: «La verità è che sono vent'anni che funziona così: se Berlusconi reagisce, i pm lo colpiscono; se fa il responsabile e il moderato, i pm lo colpiscono lo stesso. Il problema è che certi magistrati, impunemente, hanno invaso il campo e impedito alla politica la riforma della giustizia». Già, la riforma della giustizia. La battaglia del Pdl, impossibilitato a combatterla nel governo o nell Camere, si trasferisce in strada. Nel senso che è partita la campagna a favore dei referendum radicali. Mariastella Gelmini lo dice chiaro e tondo: «Abbiamo sottoscritto i quesiti referendari dei radicali relativi alla giustizia perché riteniamo che purtroppo, come dimostrano questi anni, non ci sia lo spazio per riformare la giustizia in Parlamento. Serve una grande mobilitazione popolare».
Michaela Biancofiore, fedelissima azzurra, condivide i referendum tanto che oggi allestirà i gazebo all'apertura di due nuove sedi Forza Italia a Trento e Merano.

Ma chiede: «Vorrei che della riforma della giustizia se ne occupasse pure il governo, per decreto legge». E sul Cavaliere giura: «Berlusconi crede nella giustizia e spera che la verità alla fine emerga. Il problema sono certi magistrati».

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