il commento 2 Ma ora dove li mettiamo i nostri figli?

Avevamo ancora gli occhi sporchi di quella tuta da ginnastica di cotone blu: la tiravano da una parte e dall'altra afferrandola per le maniche e per le gambe. La trascinavano a forza sulla sabbia spelacchiata del cortile di una scuola in mezzo a urla e insulti: solo che dentro c'era un bambino. Stava per tornare a casa dopo una giornata normale: l'ora di educazione fisica, le dita sporche d'inchiostro, la focaccia mangiata durante la ricreazione l'appuntamento con i cartoni dei supereroi nella testa. E invece era un altro l'appuntamento che aveva davanti ai cancelli: gli agenti in borghese, il papà, la zia, gli strappi... E avevamo ancora gli occhi sporchi di quei servizi tv pieni di rivelazioni e cifre e testimonianze. I preti, il catechismo, l'oratorio e i bambini abusati e resi muti per anni: prima dalla paura e poi dalla vergogna. La clandestinità sporca di certe ore pomeridiane inconfessabili perfino alla mamma. Il parroco, l'insegnante di religione o addirittura il confessore: tutta gente alla quale ci si affida (li si affida) ignari e fiduciosi. Come all'allenatore di calcio o di palla canestro o al capo dei boy scout, o all'amico di famiglia, perfino al parente. Li si consegna perché hanno in corpo un esubero di energie buone da buttare fuori o perché credano in qualcosa e imparino le regole del gioco che altro non dovrebbe essere se non la vita ma in miniatura e protetta. E invece li si va a riprendere con la memoria sfregiata, la pelle che scotta e l'orgoglio dolorante. Storditi dal tradimento di dover capire che bene e male si impastano e si confondono. Come ieri, con un'altra di quelle verità che azzannano: quella di un giovane studente fuori corso, pacato e insospettabile, di una buona famiglia della Brianza che faceva da baby sitter ai bambini del suo quartiere quando i genitori non erano in casa. Se li faceva amici, prometteva di aiutarli con i compiti, li invitava a entrare da lui. E poi chiudeva tutto. Porte, luci, finestre, futuro. La verità è che non c'è più un posto dove un bambino se ne possa stare in pace a fare il bambino, in pace a fidarsi di qualcuno. In chiesa, a scuola, in palestra, sul pianerottolo o nel portone accanto. Non sappiamo proteggerli e non capiamo più da chi proteggerli.

Non sappiamo dove metterli i nostri bambini. Dove non te lo aspetti (dove non se lo aspettano), mani, buio e certi maledetti abbracci unti, di quelli che non ci si lava via per tutta la vita: è così che si fa marcire l'infanzia.

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