Passata la festa del Primo maggio, il lavoro non è più materia privilegiata per i politici. Almeno per quelli di Rifondazione Comunista. I dirigenti di via del Policlinico, sede della direzione nazionale, non hanno pensato fosse importante o necessario avvertire 42 dipendenti che il loro rapporto di lavoro era praticamente risolto.
Dopo tre anni e sette mesi passati in cassa integrazione a zero ore (con scadenza proprio a fine aprile), questi impiegati e tecnici della direzione nazionale non hanno ricevuto alcuna informazione. Né lettere, né telegrammi. Nulla di nulla. Quindi hanno pensato di tornare in ufficio, se non per lavorare, quanto meno per avere notizie e spiegazioni. Ma si sono sentiti dire soltanto che il loro rapporto di lavoro era da considerarsi concluso e che non c'era altro da dire (o da fare). Hanno anche chiamato i carabinieri - a quanto riporta il sito Huffington Post, che ha tirato fuori la storia - e poi chiesto un incontro con Paolo Ferrero (che di Rifondazione comunista è il segretario), il quale, però, non li ha ricevuti considerando il loro problema come «tecnico» e non «politico». Il sito di informazione riporta in calce all'articolo anche la lettera con la quale i 42 cassaintegrati del partito non solo rendono pubblico il loro calvario ma annunciano di ricorrere a tutti i mezzi a loro disposizione (tribunale compreso) per tutelare i propri diritti. Intanto la protesta monta e il passaparola di lavoratori e simpatizzanti costringe il segretario a un intervento pubblico sulla vicenda.
Ed è così che Ferrero approfitta della vetrina di Facebook per fornire la sua versione. In buona sostanza il segretario di Rifondazione ricorda che il 30 aprile scorso è saltato all'ultimo momento un incontro con i sindacati e i vertici del partito per discutere proprio del futuro di questi cassintegrati. E il 30 aprile era l'ultimo giorno nel quale i lavoratori erano coperti dalla Cig. «L'incontro è stato fatto saltare - dice Ferrero - dalle organizzazioni sindacali e così si è rimasti in sospeso e il 2 maggio è successo un gran casino (di cui mi scuso) che sarebbe stato risolto se ci fosse stato l'incontro sindacale». Però nelle due lettere (quella dei lavoratori e quella del segretario) a emergere è proprio lo scontro politico.
Ferrero ricorda la crisi economica micidiale, dovuta ovviamente al calo dei consensi di Rifondazione comunista. «Il partito nel 2008 aveva 160 dipendenti - spiega il segretario su Facebook - ma in seguito alla sconfitta alle elezioni del 2008 più nessun parlamentare e a seguire più nessun finanziamento pubblico. Visto che le tessere degli iscritti e delle iscritte a Rifondazione bastano appena a pagare affitti e mutui delle sedi periferiche, volantini e manifesti, non era possibile garantire lo stipendio a 160 persone».
I lavoratori dal canto loro replicano: «Abbiamo proposto di mettere a reddito le sedi e di trasformare il nostro lavoro in fornitura di servizi per iniziare un processo di trasformazione prima di tutto politica di un partito ormai fuori dal parlamento». Proposta che, visti gli eventi, si intuisce respinta dagli uffici di via del Policlinico.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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