"Connotati regressivi". Il Pd guarda al passato (e se n'è accorto pure Bonaccini)

"Sento ancora la contrapposizione tra capitale e lavoro come fossimo nel secolo scorso, è surreale", ha denunciato il candidato alla segreteria dem

Il presidente della Conferenza delle Regioni Stefano Bonaccini
Il presidente della Conferenza delle Regioni Stefano Bonaccini

Indietro popolo, alla riscossa. Nel Pd c'è chi guarda al futuro con la nostalgia del passato. Se n'è accorto pure Stefano Bonaccini, uno dei principali candidati alla nuova segreteria del partito. Discutendo delle traiettorie che i dem dovranno seguire per salvarsi dalle attuali sabbie mobili, il presidente dell'Emilia Romagna non ha usato giri di parole ha denunciato di avvertire pulsione interne a "cambiamenti regressivi". Un vecchio vizio di certa sinistra, che proprio non riesce a ripensare se stessa se non attingendo agli antichi paradigmi ormai sconfessati dalla Storia.

"Avverto pulsioni regressive"

Il rischio del vecchio che avanza accompagna da sempre i progressisti duri e puri, incendiari a parole ma nei fatti inclini a ragionare in retromarcia. Lo stesso Bonaccini ha lanciato il proprio allarme al riguardo. Riferendosi al dibattito interno al Pd, il candidato segretario ha affermato: "Sento ogni tanto la contrapposizione tra capitale e lavoro come se fossimo all'inizio del secolo scorso, è surreale". E ancora, confrontandosi con i propri competitor per la successione a Enrico Letta, ha ammonito: "Avverto pulsioni al cambiamento con connotati regressivi". Poi ha assicurato di voler contrastare questa tendenza, che - ha sentenziato - "segnerebbe la fine del Pd e che ci porterebbe su binari minoritari. È già successo in altri Paesi vicini, il rischio è che avvenga anche qui".

I dem che guardano al passato

A chi si riferiva il barbuto presidente di Regione? Qualcuno ipotizza che volesse rifilare un'allusiva frecciata a Elly Schlein, ritenuta la candidata alla segretria che più incarna lo spirito della sinistra militante. Chissà. Il presidente dell'Emilia Romagna in realtà non ha fatto nomi, eppure la sua critica è sembrata piuttosto circoscritta. Riferita a chi, ancora, si ostina a leggere l'attualità con le lenti del passato. E nel Pd, a ben vedere, sono molti i nomi che si potrebbero ascrivere a tale categoria. Basti pensare ai tanti esponenti che, un giorno sì e l'altro pure, si stracciano le vesti per un presunto allarme fascismo in realtà privo di fondamento. Per non parlare poi di quanti agitano antiche battaglie ideologiche e di retroguardia come fossero urgenze per la quotidinità del Paese.

Il dibattito sul Pd del futuro

Proprio sul decisivo rapporto tra identità e futuro, sul quale il nuovo Pd si giocherà molto, Bonaccini ha offerto la propria interpretazione. "Sono valide le nostre ragioni di 15 anni fa? Anche nome e simbolo, non ho tabù, dipendono da questa risposta o è solo tattica e marketing, una cosa di forma e non di sostanza. La mia risposta è sì, non per orgoglio o appartenenza ma perchè costruire una grande forza riformista e progressista, europea, risponde all'interesse nazionale", ha affermato il candidato alla segreteria dem durante il proprio intervento in videoconferenza col Nazareno.

Il rischio dell'irrilevanza

In modo esplicito, poi, il presidente di regione ha fatto riferimento al ruolo del Pd messo in discussione dal rinnovato panorama politico.

"Il risultato del Partito Democratico alle elezioni tre mesi fa si inserisce in un lungo ciclo di sconfitte o di non vittorie, ma per la prima volta il Pd vede insidiata la sua stessa funzione baricentro riformista, come alternativa di centrosinistra al governo: per la prima volta ci sono nel campo delle opposizioni alternative e competitive che possono rendere minoritaria - e quindi irrilevante, questa è la mia preoccupazione - la funzione stessa del Pd per come l'abbiamo costruito e voluto", ha avvertito Bonaccini, auspicando che il partito dem ritrovi una vocazione riformista e di governo. Elettori permettendo.

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