Blindarsi con il terzo mandato. Tirare dritto. Anche contro i guru, che dopo le elezioni europee lo hanno messo nel mirino. Giuseppe Conte (foto) è determinato a non perdere la guida del M5s. E vuole ridurre l’influenza di Beppe Grillo e Marco Travaglio. Uno scatto di reni, arrivato dopo ore complicate. Momenti in cui l’ex premier ha messo sul tavolo l’ipotesi delle dimissioni. Lo scenario nucleare aleggiava sui Cinque Stelle tra lunedì e martedì. Prima il titolo del Fatto Quotidiano, che dava come possibile l’addio di Conte. Quindi una girandola di riunioni, culminata con la congiunta con i parlamentari, andata in scena nella serata di martedì. $ stato quello il giorno più drammatico. Ore in cui Conte «a messo a disposizione» del Movimento il suo passo indietro. Di fronte al rifiuto (scontato) dello stato maggiore grillino, è partita la controffensiva. Il perno della strategia per rimanere in sella, come anticipato dal Giornale, è il superamento della regola del tetto ai due mandati. Un passaggio che Conte vuole benedire con quella che chiama «Assemblea costituente». Un dibattito «con tutti gli iscritti» per modificare le regole interne. Prima fra tutte, il principio dei due mandati. I parlamentari pressano per le deroghe. Sul percorso pesa, però, la contrarietà di Beppe Grillo. Il Garante ha sentito Conte e gli ha posto il tema della «collegialità» nella gestione del M5s. Che tradotto vuol dire affiancare al leader un direttorio composto da figure come Virginia Raggi, Chiara Appendino, Paola Taverna, Roberto Fico, Stefano Patuanelli. Ma la verità è che i rapporti tra Conte e Grillo sono ai minimi termini. L’ex premier è convinto che non ci siano alternative concrete alla sua leadership. E che «la base e gli attivisti» sarebbero dalla sua parte nel caso di uno scontro con Grillo. Conte è certo che tutti sarebbero al suo fianco, se messi di fronte a una scelta tra lui e il Garante. Perciò non si cura troppo delle possibili reazioni del comico, che però possiede ancora il simbolo. Su questo punto è già pronta l’alternativa di un rebranding, con l’inserimento della dicitura «progressista» nel logo. Mentre i parlamentari fanno sapere alle agenzie che la leadership di Conte «non è in discussione», arriva la vendetta di Luigi Di Maio.
L’ex capo politico dice a La Stampa che l’ex premier ha «la responsabilità di aver snaturato il Movimento, che oggi è un partito più chiuso e verticistico del passato». E ancora: «Conte ha compiuto il capolavoro di far tornare il bipolarismo». Davide Casaleggio insiste: «Il M5s è diventato il fratello minore del Pd». Ma l’ex premier, che ha convocato una nuova riunione congiunta per i prossimi giorni, deve pensare alle insidie interne.
Una di queste, a sorpresa, è Travaglio. La linea del Fatto dopo le europee ha disorientato i vertici del M5s.
«Ha esagerato», è il tenore dei commenti dei piani alti del Movimento. Ad aumentare i sospetti ci sono le voci che vorrebbero il direttore come potenziale successore di Conte alla guida del M5s.
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