Parallelo a quello che Tadej Pogacar sta dominando su due ruote, un altro giro d'Italia si sta svolgendo in queste settimane. In pochette rosa - la maglia poco si addice agli statisti - Giuseppe (...)
(...) Conte macina chilometri e arriva sempre primo sul traguardo di ogni tappa. Nel suo tour delle manette, il leader del M5s si è precipitato a Bari, annusando l'aria mefitica dell'inchiesta che ha toccato il sindaco dem Decaro e il governatore Emiliano; poi è apparso a Torino in seguito ai guai del capogruppo Pd in Regione; infine ieri è andato in fuga a Genova, sulla scia dell'affaire Toti. L'avviso di garanzia per lui è un colpo di pistola al via. Basta quello e lui si fionda al traguardo per processare in piazza i presunti corrotti.
Ora, ciascuno guida il suo partito come crede. E se ad alcuni questa sorta di volteggio vagamente sciacallesco sugli avversari di volta in volta indagati può sembrare prematuro e di pessimo gusto, dal punto di vista di Conte la cosa ha un senso, e riconnette l'elettorato con l'anima più genuinamente
manettara del Movimento. Quella uscita un po' appannata da certe disavventure dei sindaci pentastellati. Perché la prima cosa che verrebbe da dire all'ex premier è molto banale: saltabecca di città in città per puntare il dito contro le malefatte degli amministratori altrui perché i suoi sono estinti, decimati prima dalle inchieste (da Nogarin a Livorno alla Appendino a Torino, fino alla Raggi a Roma, indagata e poi assolta, anche se ai giustizialisti duri e puri l'esito dei procedimenti non interessa) e a seguire dagli elettori.
Ci permettiamo però di dare un consiglio a Conte per la prossima tappa del suo tour. Dato che già si trova a Genova, potrebbe scalare le colline di Sant'Ilario - pochi chilometri, una sgambata per lui che passa dalla Puglia alla Liguria. Qui, potrebbe fermarsi a citofonare a Villa Grillo, per chiedere a Beppe, fondatore del Movimento da lui guidato, a che punto è l'inchiesta che lo vede indagato con accuse molto simili a quelle mosse al governatore Toti. Ossia aver promesso a Vincenzo Onorato del gruppo Moby pressioni sui ministri grillini (del governo Conte) per venire incontro alle esigenze della compagnia navale
in difficoltà, legata a Grillo da un'amicizia di vecchia data e da un «accordo di partnership» da 240mila euro, parzialmente versati al M5s.
Conte non si affretti, in questa tappa il gruppone è distante e lento. Ma non lento quanto la procura di Milano, che per quella faccenda ha notificato la chiusura di indagini il 10 marzo. Del 2023.
Da allora, tutto tace e langue, e di rinvio a giudizio o archiviazione, di traffico illecito di influenze o di aiutini nessuno parla più. E il passista Conte può continuare senza problemi nella sua corsa a sentirsi migliore degli altri. Senza curarsi di apparire un po' come il campione strafatto di anabolizzanti che si indigna per il doping altrui.
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