La crisi isterica dei Cinque Stelle

Dopo il flop elettorale, Grillo prepara la svolta televisiva. Ma il Movimento si spacca e si rivolta contro il leader

La crisi isterica dei Cinque Stelle

Dopo il flop elettorale bisogna affrettarsi a trovare scuse più o meno plausibili da somministrare all'elettorato. Con il Movimento 5 Stelle escluso da tutti i ballottaggi nei comuni capoluogo di provincia, le ripercussioni cominciano a scuotere la base e gli eletti grillini che, a questa tornata elettorale, non possono festeggiare exploit come quello incassato a Parma lo scorso anno. Nemmeno a Siena dove Beppe Grillo aveva puntato sullo scandalo del Montepaschi per prendere il Comune rosso per eccellenza e mettere un piede dentro alla Fondazione dell'istituto. E, mentre i parlamentari pentastellati arrivano addirittura ad accusare gli elettori di ingratitudine, il comico genovese minimizza gli errori del movimento e attacca il Pdl e il Pd accusandoli di condannare il Paese "a una via senza ritorno".

"La disfatta dei Cinque Stelle alle elezioni comunali di ieri è figlia dei loro errori - spiega Marco Travaglio nell'editoriale di oggi - ma anche dei loro meriti". Aldilà dell'arringa difensiva del vice direttore del Fatto Quotidiano, il flop dei pentastellati alle amministrative è destinato a lasciare il segno. Pochi i commenti ufficiali da parte dei grillini, perché il "consiglio" è di evitarli, ma secondo quanto si apprende alcuni deputati (i più critici) non si dicono stupiti dal risultato. Si paga, è questo il ragionamento, la strategia politica sbagliata seguita in questi mesi. Anche se per Grillo e per i più integralisti del M5S la colpa è degli altri, soprattutto i giornalisti che si occuperebbero solo di gossip. La pensa così lo stesso Travaglio per cui la disfatta è figlia dei meriti del leader. Tra questi l'aver detto "no" a Pier Luigi Bersani per "il suo demenziale governicchio di minoranza". Se avesse sottoscritto un accordo con l'ex segretario piddì, "si sarebbe guadagnato i favori dei giornaloni, della Rai e di mezza La7, che ora non lo lincerebbero da mane a sera, non inventerebbero scandali inesistenti" e via via blaterando. La stessa linea tenuta da Grillo sul suo blog (leggi il post) per "nascondere" gli innumerevoli errori commessi. Dalle black list dei giornalisti inaffidabili alle squadre di sorveglianza in Transatlantico, fino al sondaggio contro il conduttore di Ballarò Giovanni Floris. "Il M5S ha commesso errori, chissà quanti", ha ammesso questa mattina il comico spiegando che giornalisti e talk show non possono aver inciso più di tanto. Adesso è pronto a cambiare strategia di comunicazione. E, forse, a tornare in televisione.

Sul blog del comico (leggi il post), l'ideologo del movimento Paolo Becchi incolpa la partitocrazia, l'astensionismo, la crisi della democrazia. "La crisi della democrazia rappresentativa continua ad acuirsi, a farsi sempre più grave - sostiene Becchi - si attacca il M5S, ossia l’unica forza politica che è riuscita nel tentativo di riportare i cittadini alla partecipazione politica, all’interesse per la cosa pubblica". Ma se "un italiano su due non è andato a votare", questo è indicativo del fatto che "la nostra è una democrazia liquida", dove liquida va inteso come liquefatta. "Lo sconfitto - conclude Becchi - è il sistema dei partiti. Lo sconfitto è un sistema politico che non funziona più". Intanto però, secondo fonti vicine al movimento, c’è già qualche "cittadino portavoce" tentato dall’abbandono del gruppo per mancanza di democrazia. Il primo pronto ad "emigrare" nel gruppo Misto sarebbe Adriano Zaccagnini, già definito l'"eretico" del gruppo per le sue posizioni troppo critiche e controcorrente. A non piacere è la linea di Grillo. I suoi diktat dall’alto, i suoi titoli sparati ogni giorno sul blog con gli attacchi a tutto e tutti, gli ultimi contro la stampa, da Milena Gabanelli a Pierluigi Battista fino ai cronisti parlamentari definiti "cavallette" interessate solo al gossip.

A Palazzo Madama ci sarebbe una decina di senatori pentastellati a disagio che, almeno per il momento, non sarebbero intenzionati a lasciare pur mantenendo un approccio decisamente critico. Più complicata la situazione a Montecitorio dove una minoranza è in difficoltà crescente.

"La gente non è stupida - dice un deputato - non è un caso se c’è stato un flop in alcune città simbolo, vedi Roma o Siena". Eppure c'è chi, come il deputato Luigi Di Maio, arriva addirittura ad accusare gli elettori: "I cittadini sono stati un po' ingrati".

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