Criticare l'austerity non è populismo

Il sentimento che cresce è una reazione all'Unione opportunista e a trazione tedesca

Il presidente del Consiglio, Enrico Letta, ieri ha voluto spiegare, a testate unificate, perché i movimenti antieuropeisti rischiano di vincere le prossime elezioni, mascherando, dietro un ragionamento volto all'Europa, un tema tutto interno, e mettendo le mani avanti rispetto al pericolo di una deriva di fatto Pdl-Grillo-Lega contro l'Europa tedesca e l'euro dell'austerità. Con l'obiettivo di dividere il Pdl tra governativi «europeisti» e berlusconiani «populisti».

Ma il populismo che il presidente del Consiglio vede crescere in Italia non è rancore verso l'Europa, bensì reazione verso un'Unione egoista e opportunista a trazione tedesca. In un'elezione europea, infatti, si devono confrontare i programmi politici. Letta da che parte sta? Considera corrette le politiche di austerity accettate passivamente dai governi? O alle elezioni si deve chiedere il voto su una politica alternativa? Le strategie anti crisi di Barroso e della Merkel hanno danneggiato la crescita e hanno posto il continente in conflitto con Usa e Cina. E gli Stati Uniti ce l'hanno detto in modo chiaro, attribuendo la responsabilità della debolezza dell'eurozona alle politiche economiche di Angela Merkel e inserendo la Germania nei cosiddetti «Key findings»: Paesi pericolosi. Perché la Germania punta troppo sull'export e non sulla domanda interna, realizzando surplus della bilancia dei pagamenti superiori a qualsiasi altro Stato Ue. Tutto legato, secondo il «rapporto sulla manipolazione delle valute» redatto dal Tesoro Usa, da un «euro tedesco» sottovalutato rispetto ai fondamentali dell'economia nazionale. Sottovalutazione che ha consentito alla Germania di «drogare» la propria competitività.

Non è Berlusconi, allora, populista, ma coloro che portano l'Europa a sbattere, con politiche errate e nazionaliste, e non denunciando gli errori rilevati dalla maggior parte degli analisti del mondo e delle organizzazioni internazionali, Fondo monetario in primis. Fino a quando si confonde l'attacco alle scelte europee con l'attacco all'Europa in quanto tale si alimenta l'antieuropeismo. Il presidente Letta, per esempio, non dice nulla sul problema dei problemi in Europa: quello della sovranità. Che significa che non si può cedere sovranità nazionale su temi sui quali non c'è una sovranità sovranazionale. D'altronde, quando il nostro premier affronta il perché del crescere dell'antieuropeismo si sposta subito su temi italiani, quelli delle riforme istituzionali.
Temi italiani che sono sì importanti, ma che non c'entrano con l'Europa e non rispondono al motivo del crescere della protesta antisistema (grillina) nel nostro Paese. Il dibattito sulla Legge elettorale, sul finanziamento dei partiti e sulle riforme costituzionali è più il portato della crisi e dell'instabilità che non la causa. La domanda dell'inizio con riferimento all'Europa vale anche per il nostro Paese: qual è la strategia di politica economica del governo? Come si fa a dire ai giornali di tutta Europa che l'Italia è la più virtuosa su 5 obiettivi? Il debito fino ad oggi è cresciuto e se si ferma (si fermerà?) non significa che si è i più virtuosi. La spesa primaria scende non da oggi: si informi, presidente. Quanto alla pressione fiscale, che ferma la sua ascesa, non vuol dire che le cose vanno bene. Virtuosi si diventerà quando la pressione fiscale diminuirà in modo percepibile e strutturale. In ogni caso è sciocco fare comparazioni, tenendo conto che siamo gli ultimi quanto a crescita.

Le larghe intese servono per giocare d'attacco in Europa. Imponendo svolte serie e rispondendo a tutti i populismi. Altrimenti siamo nella demagogia.

Prima di dare giudizi, presidente Letta, si faccia un esame di coscienza; studi le cause del rancore europeo, con particolare riferimento al malessere italiano, attribuibili al grande imbroglio che il nostro Paese ha subito dall'estate-autunno 2011, quando, su pulsioni esterne, è stato fatto cadere un governo legittimamente eletto ed è stato messo in piedi un esecutivo tecnico che ha acuito l'instabilità. Studi il populismo in Europa, che non è altro che il prodotto delle politiche economiche sangue e lacrime volute dalla Merkel e tanto amate da Monti. Lei da che parte sta, presidente?

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