C'è un testo che circola sulle scrivanie del Consiglio Superiore della Magistratura e che pare stia facendo sobbalzare dalle sedie le toghe. Un progetto a cui sta lavorando il governo Monti e che prevede una stravolgimento radicale nelle dinamiche relative alla giustizia disciplinare dei giudici.
In sostanza, l'idea è quella di toglierla dalla mani degli stessi magistrati e di affidarla invece ai giudici laici, cioè quelli scelti dal Parlamento. A rivelare quelle che al momento sembrano solo delle indiscrezioni è un articolo di Repubblica, in cui si parla di quattro articoli che riscrivono componenti e modalità del potere disciplinare.
Articoli che "cambieranno la composizione delle sezioni del Csm, del Consiglio di Stato, della Corte dei Conti, dei giudici tributari, assegnando maggioranza o pariteticità dei posti disponibili ai componenti eletti dal Parlamento".
L'obiettivo è quello di sottrarre ai giudici il potere di mettere sotto processo, condannare o assolvere i colleghi che sbagliano. C'è chi parla di fine punitivo e di vendetta della politica nei confronti delle toghe e c'è chi invece parla di rottura del meccanismo "cane non mangia cane" e di imparzialità.
Lo scopo di Palazzo Chigi, secondo il quotidiano diretto da Ezio Mauro, sarebbe perseguire "l'unica via per garantire un'imparzialità che l'attuale "giustizia domestica" non assicura".
La notizia trapela proprio nel periodo in cui il Senato si appresta a riaffrontare il tema della responsabilità civile dei giudici (succederà i primi di giugno quando scadranno i termini per le proposte di modifica all'emendamento Pini che prevede la responsabilità diretta delle toghe oltre che "per dolo o colpa grave", anche per "manifesta violazione del diritto").
"Le indiscrezioni trapelate su un progetto del governo per modificare la procedura disciplinare nei confronti dei magistrati, sono chiaramente nel segno della vendettà della politica, così spesso messa sotto accusa dai magistrati", ha tuonato il responsabile Giustizia dell’Italia dei Valori, Luigi Li Gotti, aggiungendo che "invero il potere disciplinare passa di fatto nelle mani del Parlamento (e, quindi, delle maggioranze di turno) che dovrà eleggere l’organo di disciplina del Csm. Una grande ipocrisia: la politica non è per nulla imparziale, anzi per definizione è di parte, perché numericamente espressione della maggioranza partitica".
Alla fine, una nota diffusa da Palazzo Chigi ha stoppato ogni ipotesi di riforma: "Con riferimento ad alcune ipotesi di riforma dell’organismo disciplinare della magistratura ordinaria, si precisa che il Presidente del Consiglio aveva già da tempo ritenuto tale iniziativa inopportuna e non percorribile, escludendola conseguentemente dai provvedimenti all’esame del Cdm".
Inoltre, il premier - si legge ancora nella nota
- "ha poi pienamente condiviso l’ulteriore parere negativo pervenuto dal Ministro della Giustizia, ritenendo impossibile una simile riforma attraverso legge ordinaria anzich‚ costituzionale".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.