Il loro concetto di «grandi intese» era decisamente sui generis. Io copro te e tu copri me. Falsifica tu che falsifico anch'io. Rimborsi taroccati che accomunavano personaggi «autorevoli» di Pd, Pdl e Idv. Almeno questi i partiti coinvolti finora, ma c'è da scommette che ben presto ne spunteranno altri. A completare così un «arco costituzionale» della malapolitica che in Basilicata ha - diciamo così - solide radici.
Ma lo scandalo esploso ieri a Potenza lascia davvero di stucco per lo «scenario desolante e imbarazzante» (parole usate dal gip nell'ordinanza) che ha caratterizzato la condotta dell'allegra combriccola dei falsi rimborsi. Un assessore Pd (Vincenzo Viti) e due consiglieri regionali (Rosa Mastrosimone dell'Idv e Nicola Pagliuca del Pdl) agli arresti domiciliari per truffa e peculato; mentre per altri otto consiglieri il gip ha disposto il divieto di dimora e di accesso a Potenza, la città capoluogo sede della Regione. Un colpo mortale per la già esangue funzionalità del governo lucano; da qui le dimissioni del presidente Vito De Filippo, capitano dimezzato di una squadra dove tanti - troppi - giocatori avevano come principale preoccupazione quella di «ritoccare» scontrini, ricevute e fatture.
Non si pensi a imbrogli milionari. Nel caso dei furbetti della Regione Basilicata gli intrallazzi correvano sul filo delle poche migliaia di euro. Ognuno degli indagati era infatti alla spasmodica ricerca di «pezze d'appoggio» che consentisse di giustificare l'anticipo mensile delle «spese di segreteria e di rappresentanza»: un assegno da 2.675,39 euro sul cui legittimo utilizzo i controlli erano assai blandi.
Ma qualche straccio di documentazione bisognava pur presentarlo. E allora ecco i componenti di questa «banda di accattoni» (come si leggeva ieri su uno striscione esposto durante un sit-in di protesta davanti al palazzo della Regione) sbizzarrirsi nell'elaborazioni di note-spese decisamente stravaganti. La documentazione raccolta dalla Procura di Potenza è una miscellanea di impudenza: si va dagli scontrini raccattati per terra a quelli ritoccati a mano; poi fatture «giustificative» per all'acquisto di parquet, dolci, salami e vettovagliamento vario. Immancabili le cene, i pranzi e i rimborsi-benzina a piè di lista, con la singolare circostanza però che spesso cene, pranzi e viaggi (con «mogli o amanti») risultavano fatti contemporaneamente alla stessa ora e in località distanti tra loro centinaia di chilometri. Potere dell'ubiquità.
Ma anche sulla motivazione di comportamenti tanto sconcertanti, il gip ha le idee chiare: «Ci troviamo dinanzi a episodi che riflettono una tracotante convinzione di immunità oltre a un livello eticamente imbarazzante». Eccolo l'aggettivo - «imbarazzante» - che torna ancora una volta. E oggi ad essere imbarazzata è un'intera regione, che si guarda allo specchio ma non vuole riconoscersi nelle facce di questi «barboni della politica», come sono stati bollati da alcuni lettori nei post di commento sulle edizioni on line dei quotidiani locali. Prime pagine su cui ieri campeggiavano due notizie: lo scandalo dei rimborsi e la conferma della condanna di Danilo Restivo. La notizia data con maggiore rilievo è stata però la prima, a dimostrazione del particolare tasso di «odiosità» che circonda i maneggi di chi, con la scusa dei «motivi istituzionali», usa i soldi pubblici per gonfiarsi il portafoglio. Già oggi potrebbero cominciare gli interrogatori di garanzia.
Ma l'inchiesta continua ed è probabile che il numero di indagati aumenti, magari puntando ancora più in alto. La conclusione delle indagini è prevista per fine maggio, quando dovrebbero essere inviati altri avvisi di garanzia. L'«imbarazzo» continua.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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