Mastella: "De Gregorio racconta favole. Vi dico io perché cadde Prodi"

L'ex ministro: "Passò a destra già nel 2006, dopo non ebbe alcun ruolo. I senatori che sfiduciarono il governo non sapevano nemmeno chi fosse"

Clemente Mastella
Clemente Mastella

«Sulla vicenda giudiziaria di De Gregorio non so nulla né mi interessa. Io faccio un'analisi politica.

Mastella, lei era ministro della Giustizia del governo Prodi, quello che De Gregorio dice di aver fatto cadere in cambio di soldi da Berlusconi.

«E allora diciamo la storia vera. Intanto quando De Gregorio lascia il centrosinistra (Idv, ndr), eletto presidente della Commissione Difesa del Senato coi voti del centrodestra, il governo Prodi si è insediato da nemmeno venti giorni!»

Una compravendita record, due anni prima che il governo cada.

«Da lì (inizio giugno 2006) in poi, che influenza poteva avere De Gregorio? Nel momento in cui passa col centrodestra non ha più relazioni, forza persuasiva sul centrosinistra che è forte, è appena arrivato al governo e ci rimane fino al 2008. Viene messo al bando a sinistra e da lì in poi ha un ruolo marginale».

Lui dice però di aver spostato gli equilibri al Senato.

«Ma non scherziamo. Il governo Prodi cade perché perde l'appoggio di altri senatori che nulla hanno a che fare con De Gregorio. Rossi e Turigliatto, della sinistra estrema, le pare che erano influenzati da De Gregorio? Ma non esiste proprio! I senatori Scalera e Dini non erano assolutamente legati a lui. Il senatore estero Pallaro neanche, Fisichella manco lo conosceva. Io men che meno. È per questi voti qui che Prodi è caduto, mica per De Gregorio! S'inventa un ruolo, un'aureola che non sta né in cielo né in terra!».

Ma è vero che le chiese di mollare Prodi?

«Ci ha provato, come io ho provato a farlo tornare nel centrosinistra. Un giorno, nel 2007, viene da me e inizia a dire “passa col centrodestra”, facciamo qui, facciamo là... “Ma a fare che?” gli ho risposto io. “Io faccio il ministro, faccio cadere il governo di cui faccio parte? Per fare che?”. L'ho mandato al diavolo».

Ai pm di Napoli De Gregorio racconta di un pranzo con lei e il capo della Cia a Roma che le promette «riconoscenza dagli Usa per chi avrebbe fatto cadere Prodi».

«Nessun pranzo e nessuna cena. Mi chiamò, era con una persona che conoscevo dall'epoca della Dc. Sono stato là non più di cinque minuti perché ho visto un personaggio che non mi piaceva. Poi ho scoperto dopo essere uno della Cia. Come ho capito l'antifona me ne sono andato».

E la riconoscenza degli Usa?

«Era lui che voleva farmelo credere. Ma i rapporti con gli Usa ce li ho già da me, mia moglie è italo-americana, la sua famiglia vive negli Usa. Che me ne fregava a me di De Gregorio».

Prodi sembra avvalorare il racconto di De Gregorio quando dice che lei «mise la testa di traverso nel suo ufficio e disse: “Ragazzi miei, se volete far fuori me, sono io a far prima fuori voi”».

«Ma quello era tutta un'altra questione politica. C'era Veltroni che lavorava al Pd e voleva fare una legge per far fuori i partiti più piccoli come l'Udeur. È normale che se vogliono fregare me io frego loro, ma non c'entrava niente Prodi. Pensi che Veltroni, testimone il senatore Fabris, mi propose: “lascia perdere il centro ed entra nel Pd, trattiamo sui posti in lista”».

Quindi fu il centrosinistra a fare campagna acquisti con l'Udeur di Mastella?

«Mi è testimone il senatore Fabris, era il 2007, nell'ufficio di Veltroni. Gli risposi che a me interessava l'idea del centro, non il partito unico del centrosinistra».

Le proposero posti nel Pd per salvare Prodi?

«No no, perché era proprio il Pd di Veltroni a voler liquidare Prodi. Il fatto che volesse una legge per eliminare i partiti piccoli, che sostenevano Prodi, lo dimostra. Poi c'era stato Bertinotti che aveva definito Prodi “poeta morente” e il suo governo un «brodino caldo». C'entra qualcosa qui De Gregorio? Non c'entra niente. Ma neppure l'Udeur fu determinante, anche questa storia va raccontata bene».

Lei e un altro senatore votaste contro.

«Ma se fa i conti vede che anche senza i nostri due voti sarebbe caduto lo stesso (finì 161 no a 156 sì, ndr). La barbarie giudiziaria contro me e mia moglie convinse anche il senatore a vita Andreotti a non votare più. Mi prese e mi disse: “Almeno a me hanno risparmiato la famiglia, stai subendo un'ingiustizia”. Su quella vicenda restano ancora dei misteri».

Lavitola la tira in ballo.

«Per vantarsi con Berlusconi dice: “Ho riferito a Mastella delle pressioni esercitate sulla Procura di Santa Maria Capua Vetere per il vergognoso arresto

di sua moglie”. Intanto, non ho mai avuto rapporti con Lavitola. Ma mi piacerebbe sapere, se è vero che ci furono pressioni sulla Procura per indagare me e mia moglie, da chi arrivarono. È una storia molto oscura quella».

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