La signora protagonista di questa disavventura avrebbe tutte le ragioni per essere arrabbiata. C'è chi dice che sia pronta a denunciare le Poste. Ma a sentire la sua voce pacata, giureremmo che non la farà. Poche parole, le sue, ma di grande buon senso: «Quel referto medico "dimenticato" tra cumuli di corrispondenza inevasa è un fatto grave, ma anche gli ospedali dovrebbero mostrarsi più sensibili...». Non aggiunge altro Sara, 43 impiegata, e mamma di due bambini, ma si capisce che dietro quei puntini di sospensione c'è tutto un mondo. Di amore verso la propria famiglia, ma anche di dolore per una malattia che questa donna affronta con coraggio e che - ne siamo certi - alla fine riuscirà a sconfiggere. Suo malgrado Sara è finita sui giornali per una vicenda che deve farci riflettere: il mancato recapito di una diagnosi che ha comportato per lei il ritardo nell'inizio della chemioterapia. Per sbloccare la situazione è stato necessario l'intervento dei carabinieri che, il 16 gennaio scartabellando tra le buste accatastate nell'ufficio postale di Mareno di Piave (Treviso), hanno recuperato la documentazione medica spedita a Sara il 27 dicembre. Poste Italiano - dopo un lunghissimo giorno di riflessione - ha ammesso le proprie responsabilità, chiedendo scusa pubblicamente. Da parte sua, invece, l'ospedale di Castelfranco (Treviso), da cui è partito il referto, ritiene di essersi comportato nel pieno rispetto delle norme.
Già, le norme. Sono proprio queste ci lasciano perplessi. Moltissimi lettori, dopo aver letto del «disservizio» di cui è stata vittima Sara, ci hanno scritto messaggi dello stesso tenore. Uno per tutti, quello postato da Giosafat alle 10,30 di ieri sul sito del Giornale: «Dalle mie parti, di fronte a diagnosi di siffatta rilevanza, viene immediatamente informato il medico di base il quale, sempre immediatamente, contatta il paziente. Mi sembra che questa dovrebbe essere la normale prassi...». Ha poi aggiunto gippivu: «Mai sentito che qualcuno aspetti di sapere la diagnosi per posta ordinaria». E invece, in nome della privacy (ormai diventa un tabù intoccabile ndr), pare proprio che in questi casi il protocollo non preveda né comunicazioni a terzi (anche se tratta del medico di fiducia del malato), né telefonate (o sms) al diretto interessato. Non restano quindi che due possibilità: o il ritiro «personale» del referto da parte del paziente o l'invio della documentazione sanitaria al domicilio indicato dallo stesso paziente. Esattamente ciò che è accaduto nel caso dell'impiegata di Mareno di Piave, con però tutti gli inconvenienti che abbiamo ampiamente illustrato. Inconvenienti non certo da poco, considerato che il ritardo postale (causato da «carenza di organico») ha costretto Sara - che il 19 dicembre aveva effettuato una serie di analisi all'ospedale di Castelfranco (Treviso) - a iniziare con circa un mese di ritardo la chemioterapia. Sull'episodio Poste Italiane si è detta «profondamente rammaricata» e ha fatto «le sue scuse più sincere alla signora per l'accaduto».
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