Non sta attraversando un buon momento il Partito democratico. Dopo la sconfitta alle ultime elezioni politiche i sondaggi non sorridono al Pd, sorpassato anche dal Movimento 5 Stelle. Una caduta libera resa ancora più complicata dalle scelte future, a partire dal nuovo segretario dopo il passo indietro di Enrico Letta. Il sociologo Luca Ricolfi è un attento osservatore delle dinamiche interne alla sinistra, in particolare dei democrat, di cui conosce ogni segreto. In un’intervista rilasciata al quotidiano La Nazione, il politologo ha fatto il punto sullo stato di salute del Pd, partendo dalla sua nascita.“Il Partito democratico guidato da Walter Veltroni – ha detto – una sua fisionomia ce l'aveva. È lungo la strada che, poco per volta, ha perso la sua ragion d'essere”.
L’idea presuntuosa
Secondo il sociologo oltre a pagare la “fusione a freddo” tra Ds e Margherita, i democratici hanno avuto la presunzione di “incorporare tutte le maggiori culture politiche del Paese: socialista, cattolica, liberale, ambientalista. Un'aspirazione alla totalità che ha conferito al partito tratti culturalmente totalitari”. Insomma, traducendo, un guazzabuglio letale che negli anni ha evidenziato tutte le contraddizioni interne. Il Partito democratico di oggi sembra essere giunto a un punto di non ritorno, bloccato in un immobilismo deleterio. “Ogni giorno che passa senza un'iniziativa politica – ha spiegato Ricolfi – segmenti via via crescenti dell'elettorato Pd si spostano verso i Cinque Stelle e, in misura minore, verso il Terzo polo. Se vanno avanti così, a marzo potrebbero trovarsi poco sopra il 10% con i Cinque Stelle vicini al 20% e il Terzo Polo a sfiorare il 10%”.
Rischio radicalizzazione
Il politologo non sembra essere fiducioso sul futuro del Pd. I nomi che circolano per il dopo Letta non lo entusiasmano, anzi, per Ricolfi il rischio è che i democrat si radicalizzino in un verso o nell’altro. “Se vince Elly Schlein – ha evidenziato – il Pd diventa esplicitamente quel che già è, ossia un partito radicale di massa, concentrato su diritti civili, migranti, con una spruzzatina di ambientalismo. Se vince Stefano Bonaccini diventa un partito riformista, difficilmente distinguibile dal Terzo Polo. Una specie di partito di Matteo Renzi senza Renzi”. Una terza via potrebbe essere quella costruire un tradizionale partito socialdemocratico, ma per arrivare a una soluzione del genere al comando ci dovrebbero essere l’ex ministro Andrea Orlando o il vicesegretario Pd Giuseppe Provenzano, ma spesso il partito preferisce affidarsi a figure esterne, i cosiddetti “papi stranieri”.
I “papi stranieri”
Ricolfi ne parla nel suo libro "La mutazione. Come le idee di sinistra sono migrate a destra", edito da Rizzoli. “I ‘papi stranieri’ – ha dichiarato il sociologo – sono quasi sempre semplicemente dei non-comunisti, chiamati a rassicurare un elettorato che non ha ancora digerito del tutto la cultura comunista. Ciampi, Prodi, Rutelli, Monti, Letta, Draghi, lo stesso Conte, sono i frontman (o le foglie di fico) che hanno permesso all'establishment ex Pci di occupare buona parte del potere e delle istituzioni senza esporsi direttamente”.
Nel libro è messo in evidenza anche un altro aspetto fondamentale, un atteggiamento che ha portato la sinistra a perdere la propria identità. Il Pd non si è più occupato della difesa dei deboli e della libertà di espressione e ciò è risuonato come una condanna.
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