E i giudici maltrattano Marysthell la ribelle

La Polanco chiede l'acqua, ma il tribunale dice no: "Si distrae". E la teste delude i pm: niente sesso ad Arcore

E i giudici maltrattano  Marysthell la ribelle

«Si alzi in piedi». Il sassolino che fa inceppare il meccanismo è 176 centimetri d’altezza al naturale, più tacco in vernice rossa: altri 12, come minimo. Obbedisce ed è peggio per tutti. Inizia ad alzarsi dalla sedia e ora che è tutta in piedi, per gli occhi di chi osserva è un viaggio. Dalle caviglie ai capelli decolorati tagliati «a spazzola», si accusa perfino un po’ di jet lag. La vetta si chiama Marysthell Polanco (29 anni da Santo Domingo) è stata ad Arcore ma non ha visto né ragazze nude né buste piene di soldi. Non è andata a letto con Berlusconi ma gli vuole bene perché l’ha aiutata quando la sua bambina era malata (una brutta, insospettabile allergia ai gatti) e poi anche in tante altre circostanze e tra un mese, quando si sposerà con il suo giocatore di basket della nazionale svizzera (quello con cui a pranzo ha condiviso un’insalata dallo stesso piatto) un vistoso venticinquenne, monumentale e innamoratissimo, sarà proprio il Cavaliere a farle da testimone. Chissà che le nozze non la riabilitino agli occhi delle mamme delle compagne di sua figlia: «Ormai, ogni volta che la vado a prendere a scuola, mi guardano tutti come se fossi una puttana. Siccome conosco l’ex presidente del Consiglio, allora sono una puttana». Tra la Polanco e il collegio giudicante sono subito scintille. Lei usa la provocazione come forma di legittima difesa, loro la guardano per tutto il tempo ma non vorrebbero vederla. O almeno sembra. La guardano come se loro fossero i professori e lei una che, anche agli esami di settembre di una volta, si presenta dopo un’estate di bagordi senza essersi messa in pari con la matematica.

Non ha l’aria «redenta», tanto meno addomesticata. Se ha dedicato qualche energia per capire come vestirsi per presenziare in aula, se si è anche solo per un attimo posta il problema di come varcare la soglia del tribunale, è evidente che alla fine deve essersene fregata. E invece che propendere per un ingresso in sordina e poco credibile, invece che arrivare travestita da affranta (come tutte quelle che si sono avvicendate fino ad oggi) si è portata in scena come Marysthell. Gonna nera aderente e poi scarpa-attentato, cintura, smalto e rossetto: tutto rosso. Però a tracolla aveva una commovente tentazione di lusso borghese: la Kelly di Hermes. Non le importava un accidente di lasciare gli altri smerigliati dalla disapprovazione perché, malgrado quello che ha promesso poco prima di testimoniare(«ne sentirete delle belle»), aveva solo verità abitabili da raccontare. Lei ad Arcore ci andava, cenava, ballava e ci ha perfino dormito («perché ero stanca, perché il giorno dopo dovevo andare a prendere mia figlia ed era più comodo così, perché la casa è bellissima, c’è la piscina, è grande… ed è bello stare lì»). Punto. Rosso scarlatto ma niente luci rosse, agli atti «prosessuali» lei non ha aggiunto nulla, anzi, semmai è andata di sottrazione. Mh... Non era intimidita, parlava nel microfono, guardava in faccia chi le rivolgeva le domande e si voltava verso le «tre giudice» ogni volta che la riprendevano perché era girata di tre quarti dalla parte sbagliata.

Una promessa mancata, tutto quel ben di Dio di donna fatta apposta per immaginare che non rende giustizia a nessuna fantasia. E pure organica al «nemico». Le espressioni di fastidio che, dal collegio giudicante, partivano al suo indirizzo erano quasi quante quelle che di norma partono dallo stesso collegio verso l’avvocato di Silvio Berlusconi, Niccolò Ghedini. Fino alla scena dell’acqua. Lì, il punteggio si è ribaltato a favore della Polanco, che ha vinto su Ghedini. Ha chiesto da bere perché parlava da ormai due ore e nessuno accennava a una pausa. Le hanno indicato la bottiglietta aperta sul tavolo e lei si è ribellata: «Ma questa è usata». Allora niente.

Nemmeno quando Ghedini ha fatto notare alla corte che l’acqua non si nega a nessuno e ha chiesto a un suo collaboratore di procurarsi una bottiglia. Quello stava per porgerla alla Polanco quando la giudice l’ha fulminato: «No! Si chiede permesso. Altrimenti si distrae la teste». Già, meglio disidratata che distratta.

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