Ecco l'aereo che vola con l'olio da cucina

Il velivolo solare è un mezzo flop, ora la nuova frontiera è il "vegetale". Boeing e Pechino ci credono. E investono

«Benvenuti sul volo Boeing 747-8 Freighter. La leggera puzza di olio fritto che sentite a bordo non deve allarmarvi. Il comandante dice che è tutto sotto controllo...». L'hostess dell'aereo che nel giugno dello scorso anno attraversò l'oceano Atlantico alimentato parzialmente da biofuel, non ha mai fatto questo annuncio. Idem per la sua collega del Boeing 787 Dreamliner partito nei giorni scorsi da Everett, Washington, e atterrato all'aeroporto Haneda di Tokio. Fatto sta che i nuovi Boeing possono contare su particolari motori che, oltre al normale carburante, tollerano una miscela formata da una quantità top secret di olio da cucina (ovviamente... inodore). Risultato: 30% di emissioni risparmiate (di cui il 10% grazie al biofuel e il 20% grazie ai nuovi propulsori in fibra di carbonio). Intanto due colossi del settore aeronautico come Commercial Aircraft Corporation of China (Comac) e Boeing hanno aperto il Technology Center (con sede a Pechino) per analizzare le possibilità di raffinare lo scarto dell'olio da cucina, conosciuto in Cina come gutter oil, in biocarburante per l'aviazione. Roba che neppure Beppe Grillo, con la sua menata sull'olio di colza, poteva mai immaginare. «La riduzione delle emissioni e il risparmio energetico sono diventati oggi il centro di attenzione dell'industria aeronautico a livello globale. La nostra ricerca avrà profonde conseguenze in tutto il mondo», assicurano i cervelloni del laboratorio cinese. Sperando che i voli siano però un po' più veloci di quello effettuato, il mese scorso, dal primo aereo interamente a trazione solare: giorni di viaggio per macinare qualche migliaia di chilometri.
Torna così d'attualità il sogno (finora irrealizzato) del carburante «ecologico ed economico». Per gli aerei, certo; ma pure per le nostre povere automobili, sempre più schiave dei furbetti della colonnina. Non solo, petrolio quindi. Anzi, petrolio al bando. Con tutta una serie di bio-succedanei che, finora, hanno promesso tanto e mantenuto poco. Per chi a tal proposito volesse chiarirsi (o meglio, confondersi) le idee, suggeriamo la lettura del libro «Urban Green» del «design verde», Neil Chambers. Chambers sostiene che «il miglior rendimento energetico derivante dai combustibili fossili» rappresenta ormai un «concetto superato». L'alternativa? «L'idrogeno» che, secondo il Chambers-pensiero, «ha il pregio di non produrre emissioni inquinanti come accade con il petrolio e i suoi derivati»; tanto che diversi costruttori automobilistici starebbero sperimentando «l'utilizzo di una foglia artificiale, in grado di produrre idrogeno usando l'energia solare».E che dire poi delle fonti di «energia alternativa» come « segatura, scarti alimentari e perfino feci umane: elementi che potrebbero essere convertiti semplicemente in gas, più o meno come accaduto con l'ultimo prototipo di Toilet Bike (una moto in grado di ricavare biogas dagli escrementi)». Il virgolettato è sempre di Chambers che, a un certo punto, si lascia sfuggire: «L'energia nucleare derivata dal plutonio e dal torio rappresenta una valida alternativa, ma l'aspetto dei rifiuti radioattivi rende assai sconsigliabile questa soluzione...».

Peccato che poi Chambers glissi sul «problema dell'enorme quantità di materie prime necessarie a produrre energia sufficiente» da quelle stesse materie prime che lui beatifica come «rivoluzionarie fonti energetiche del futuro». E così si torna al vecchio, caro (anzi, carissimo) petrolio. Che, in molti, descrivono come una risorsa ormai agli sgoccioli. Un allarme che ripetuto puntualmente. Ma, altrettanto puntualmente, smentito dai fatti.

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