Elettori Pd in rivolta: riprendetevi la tessera nel 2013 non vi votiamo

I militanti Pd si sfogano su internet e chiedono dignità. E c'è anche chi rimpiange Berlusconi. Ora il Pd rischia di esplodere: i pro governo contro i filo Cgil

Elettori Pd in rivolta: riprendetevi la tessera   nel 2013 non vi votiamo

Roma - Se esistesse un eBay della politica, in queste ore sarebbe intasato da tessere del Pd in svendita. Un’asta al ribasso del consenso causa temuto sostegno del partito alla riforma del lavoro alla stretta finale. In molti sui social network minacciano di lasciare il primo partito del centrosinistra se il segretario Pier Luigi Bersani non scongiurerà lo sbianchettamento dell’articolo 18 voluto dal ministro Fornero. Staccando la spina, all’occorrenza, al governo Monti.

I più amareggiati sono quelli che vengono da lontano e ricordano quando il Pci era il partito dei lavoratori. «Il Pd ha tradito tutto il retroterra culturale da dove “dovrebbe” provenire... La vostra bandiera è bianca come quella della Dc...», l’avviso ai naviganti di Mattia Carrozzo. Marco Lai ammette di rimpiangere addirittura Silvio Berlusconi, «che almeno sapeva chi era e che cosa aveva in testa», e si sfoga così: «Che dopo 40 anni che voto a sinistra mi ritrovi con un partito che a parole dice di chiamarsi democratico di sinistra e che vota e imbroglia i propri elettori e iscritti mi fa venire il vomito (...). Abbiate il coraggio di difendere la vostra storia e non dimenticate che se siete quello che siete lo dovete ai grandi uomini e donne che vi hanno preceduto». E Antonella Guidi taglia corto: «Questo partito che ha una storia collegata ai lavoratori e alle loro conquiste non può accettare di svendere per quattro lire ciò che nel tempo è stato riconosciuto». La rabbia è tanta. Chi, come Cristian Colombo, prova a difendere la riforma («mi auguro che il Pd faccia solo emendamenti lievemente correttivi ma lasci così com’è il senso di questa manovra») è impallinato senza pietà: «Tu non hai mai lavorato. Tu sei uno di quelli che di lavoro si riempie la bocca...», la replica più docile.

È il punto di non ritorno. La Caporetto social del Pd. L’8 settembre, con Bersani in odore di Badoglio. Ecco, Bersani: «Appena un mese fa - ricorda Alberto Massazza - diceva di provare vergogna per il trattamento riservato alla Grecia. E ora che lo stesso trattamento sta per essere riservato all’Italia, che dice? En attendant Piggi». Massimiliano Manca di Nissa diffida il segretario dal votare sì alle modifiche all’articolo 18: «Non avete il mandato degli elettori per farlo. Alle urne. Poi vediamo se le vincete queste elezioni o se sparite...». «Il caro Bersani - l’analisi di Antonio Rizzuto - dica senza se e senza ma che questa riforma non la voterà, perché il governo sta massacrando solo ed esclusivamente i lavoratori mentre i padroni e gli evasori se la spassano perché aumentano i propri profitti grazie al Pd». Qualcuno ha già le valigie pronte. «Non vi voterò mai più», assicura Davide Zeta. «Spero che il Pd si spacchi e nasca una sinistra vera e forte non fatta dai Fioroni dai D’Alema, dai Letta, dai Veltroni», l’avviso di sfratto di Giorgio Locati. «Se non ci sarà una presa di posizione netta contro questa riforma credo che questa volta riconsegno la tessera!!!», esclama Antonio Salvatore. «Attenzione il 2013 è più vicino di quanto si creda e per noi sarà impossibile scordare certe fregature», la minaccia di Grazia Ronzi. E Luca Cavalli dà appuntamento a Bersani a Porta a porta previsto di lì a poche ore: «Stasera ti giochi tutto caro Bersani... O prendi posizione contro questa riforma del lavoro o alle prossime urne saranno c... amari». Giustina Fedi si spinge all’invocazione morettiana: «Bersani, deciditi a fare qualcosa di sinistra. Punto». Ecco, punto.

C’è però una speranza in questo catastrofismo. Ma sì, il referendum! Lo propone tra gli altri Roberto Bianchimani, in un post con più sviste che virgole: «Il Pd riunisca al piu presto i suoi iscritti, le faccia esprimere e poi si decida non si permetti nessuno di scegliere la mia vita il mio lavoro se chi lo decide non ha mai fatte na jurnate e fatiche». A pensarci bene, forse è meglio evitare, però, a giudicare dall’umore dei militanti: «Mi sembra chiaro non vi voteremo più, la riforma la faremo noi elettori nel 2013, tutti a casa i parlamentari e senza tutele, esattamente quello che succede a noi oggi», sintetizza Marisa Maris.

Qualcuno ha anche in mente organismi politicamente modificati, Massimo Abbadessa: «Se passa una riforma dell’art.18 (...

) con i voti o l’astensione del Pd, sarà meglio che pensiate a un congresso e una fusione con l’Udc, perché più nessuno che abbia un minimo ideale di sinistra avrà più il coraggio di votarvi. Volete davvero passare alla storia con questo marchio d’infamia per un partito che guarda a sinistra? Siete pronti a vendere l’anima?». Belle domande. E comunque, dipende dal prezzo.

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