Ci sono dettagli che fanno sostanza: un anno dopo, Monti non veste più il loden. Al ritorno del grande freddo, il premier si presenta sulla scena internazionale completamente diverso: ha un giaccone blu molto più giovanile e in assonanza anche molto più gioviale. Certo bisogna andarci piano con le grandi metafore del costume politico: ci sta pure che semplicemente sua moglie gli abbia detto, oddio Mario, cambiati una buona volta. Tutto può essere. Però la coincidenza non deve passare sotto silenzio: come dimenticare i giornali d'inizio anno, che raccontavano l'avvento del montismo, segnato da quel capo altamente simbolico, il loden come divisa della nuova sobrietà e del feroce rigore. È umano, adesso, giocare di rimessa e lasciarci cullare da una domanda suadente: se persino il professore ha smesso la divisa, quella divisa senza fronzoli e senza concessioni, hai visto mai che anche l'Italia possa tornare presto un po' meno tetra, lugubre, macerata, riprendendo un insperato gioco di stili e di colori?
Purtroppo, al momento siamo fermi ai simboli. La sostanza parla di un altro Natale ristretto e di un altro buco della cinghia da scalare. Però attenzione. Il premier non ha riposto solo il loden per esibire il capino sbarazzino (dato il personaggio, il giaccone blu ha il coefficiente di follia del leopardato). Ha riposto tutto uno stile e un modo di porsi. Dodici mesi fa, costretto dalla situazione, si aggirava per diplomazie chiedendo scusa di esistere, Calimero d'Europa, preso a pesci in faccia da chiunque, usato come termine di paragone in qualunque discorso economico: occhio, se non stiamo attenti diventiamo tutti come lui. Nelle foto ufficiali, un imbucato. Nelle cene di gala, un sopportato. L'Italia in loden era l'Italia penitente e quaresimale, costretta a spogliarsi della sua proverbiale esuberanza per dimostrarsi pentita e ravveduta, pronta all'espiazione per i suoi sciali e i suoi errori. L'Italia castigata di Monti era l'Italia che gli altri pretendevano, con un certo gusto sadico, per tornare a rivolgerci la parola.
È passato soltanto un anno, ma è cambiato molto. Non può essere tutto un caso. Magari lo è il giaccone da assistente della Bocconi, però c'è ben altro. Assieme al loden, Monti ha smesso lo sguardo basso e i toni contriti. Lentamente, i suoi viaggi hanno ripreso colore e vigore: da umilianti tour con il cappello in mano, fustigandosi la schiena come pellegrini alla Mecca, sono ridiventati incontri paritari a schiena dritta, dove più nessuno si sogna di trattarci da pezzenti. Proprio in occasione dell'incontro con Hollande per la Torino-Lione, il premier può pavoneggiarsi con il nuovo capo invernale e con il nuovo spread, dopo mesi e mesi tornato sotto la fetentissima quota trecento. Di più, può persino permettersi di fare amabilmente il ganassa, come dicono a Milano: «È positivo. Ma il mio obiettivo è dimezzare il valore trovato al momento di cominciare». In numeri, vuole quota 287. E pazienza se le cause di cotanto calo siano probabilmente da imputare più allo scudo anti-spread della Bce che al suo governo: pure Draghi è italiano, motivo in più per circolare a testa alta e mostrare di nuovo i muscoli. Signori d'Europa, il loden se lo metta qualcun altro.
Al professor Monti, a questo nuovo Monti in giaccone blu-sfrontato, pronto ormai per il fucsia e il rosa pallido, resta adesso un'ultima missione: faccia il favore, consenta anche agli italiani di riporre il loden nell'armadio, una volta per tutte, lasciandolo invecchiare senza rimpianti nella naftalina.
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