Il "Faraone" superimputato si ritrova eurodeputato Pd

Bonanini, ex presidente del parco Cinque Terre finito in manette con una lunga serie di accuse, vince un seggio a Bruxelles grazie alla rinuncia di un montiano

Il "Faraone" superimputato si ritrova eurodeputato Pd

Adesso è di sinistra. È di nuovo di sinistra. Adesso che il «faraone impresentabile» diventa «onorevole», gli si può di nuovo mettere la spilletta rossa al bavero dell'inseparabile maglietta polo. Finora, fino a che era solo processato per associazione a delinquere finalizzata alla truffa, al peculato, alla corruzione, alla calunnia, all'abuso d'ufficio, al falso ideologico, varie ed eventuali, Franco Bonanini era quello «benvoluto anche dal centrodestra».

Il suo nome non è di quelli da prima pagina, da edizioni straordinarie dei tg, ma in Italia chi vive di politica e intorno alla politica conosce benissimo il padre-padrone del Parco delle Cinque Terre, finito in manette nel settembre 2010 con una serie di reati da far tremare i polsi, riconducibili alla gestione di circa un milione di euro di fondi pubblici. Era il «faraone», monarca assoluto per chi vive in quello spicchio di paradiso a pochi chilometri dalla Spezia, eppure ospite squisito per chi veniva invitato nella sua reggia. Senza distinzione di colore politico, appunto. Per la sinistra è sempre stato un fiore all'occhiello, una macchina da voti straordinaria fino alla candidatura alle Europee del 2009. Poi, dopo l'arresto, è diventato impresentabile, tanto che faceva assai comodo il garantismo di chi, su sponda opposta, non se la sentiva di scaricare al primo tintinnar di manette un avversario sempre così squisito e amico dei vip a prescindere dal colore. L'impresentabile che veniva difeso dalla destra impresentabile, un'occasione d'oro per sbianchettare la targhetta Pd dagli articoli sullo scandalo del Parco.

E così Franco Bonanini è rimasto ben presto solo un «faraone». Senza colore. Un ex presidente del parco che di mestiere fa l'imputato e non si perde un solo minuto delle udienze in programma. I giudici ne hanno già messo a calendario 22, per processare 17 imputati, ascoltare centinaia di testimoni. Bonanini ha già scelto la linea difensiva, che è quella della pazienza. Soprattutto ora che dovrà fare l'eurodeputato, pronto a subentrare a Gianluca Susta, che lo aveva beffato per poco più di duemila preferenze e che ora preferisce fare il senatore per la Lista Civica di Monti in Italia. Bonanini non è per nulla imbarazzato all'idea di rappresentare il suo Paese a Bruxelles con quel carico di accuse sul groppone. Sa che, nonostante le accuse riguardino fondi stanziati proprio dall'Europa che dovrà governare, non ci sarà nessun signor Schultz pronto a indignarsi per lui, a parlar male dell'Italia dei Bonanini. Lui, il faraone onorevole, fa sapere anche di non voler usufruire delle immunità. Non per chissà quale rispetto della giustizia. Tanto per rendere l'idea, durante le perquisizioni e le prime indagini, s'è fatto di peggio. Gli imputati avevano le notizie in anteprima grazie a una talpa, tanto che la finanza ha sorpreso chi cercava di distruggere documenti e prove nello scarico del bagno. L'immunità, in realtà a Bonanini serve a poco. Il suo mandato finirebbe comunque tra un anno, certo prima del processo.

Il «faraone» preferisce dire che la sua poltrona europea sarà un'«opportunità per le Cinque Terre». Proprio come il 1° luglio del 2009, quando venne «eletto» per sbaglio e restò in carica un solo giorno, prima di scoprire che i conti erano sbagliati e che il suo seggio era destinato a un compagno del Pd di Siena. Per una curiosa coincidenza, proprio un compagno di quella città dove di questi tempi il Pd non conosce più nessun amministratore, nessun dirigente, nessun funzionario. Una curiosa coincidenza, come quando Bonanini rilanciava nel mondo il nome del suo Parco delle Cinque Terre grazie alle amicizie con Lance Armstrong, il ciclista che sembrava un campione mentre vinceva con il doping, o agli strettissimi rapporti personali con Edward Nixon, il fratello del presidente degli Stati Uniti spazzato via dal Watergate.

Bonanini è pronto a entrare all'europarlamento. Senza imbarazzi. Senza quegli imbarazzi che invece ha il partito. «Non sarà deputato del Pd, visto che non ha più la nostra tessera - prova a spostarsi più in là Lorenzo Basso, segretario regionale ligure del partito -. Quando lo avevamo candidato nessuno aveva mai avanzato neanche un sospetto dei reati che gli sono poi stati contestati». Il naso di Basso cresce e nasconde la faccia che arrossisce per la consapevolezza della balla.

Il libro Il partito del cemento, firmato da Marco Preve e Ferruccio Sansa, giornalisti d'assalto tutt'altro che di destra, era del 2008 e dedicava già un intero capitolo al «faraone». Maurizio Maggiani, scrittore insospettabile quanto a simpatie politiche, non lo aveva certo mai accarezzato. Ma finché aveva la spilletta del Pd non era impresentabile.

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