Il primo scoglio è superato. La Camera dei deputati ha dato la fiducia al governo presideuto da Enrico Letta. Questi i risultati: 453 sì, 153 no, 17 astenuti. Non ci sono state sorprese: a favore si sono espressi i gruppi parlamentari di Pd, Pdl, Scelta civica e le componenti del Gruppo misto Centro democratico, Psi e Movimento per gli Italiani all’Estero. La Lega si è astenuta. Movimento Cinque Stelle, Sinistra Ecologia e Libertà e Fratelli d'Italia hanno votato no, schierandosi all’opposizione. I presenti sono stati 623, i votanti 606 e la maggioranza richiesta, ampiamente superata, era di 304 voti. Oggi i riflettori si spostano sul Senato, dove alle 9 inizia il dibattito che sarà concluso dalla replica del premier Enrico Letta. Dalle 11,30 dichiarazioni di voto e intorno alle 13 parte il voto dei senatori sulla fiducia.
Il capogruppo del Pdl alla Camera, Renato Brunetta, in un passaggio del suo intervento preannuncia "un chiaro e fiducioso sì a un governo guidato da un esponente dello schieramento avverso. Noi le garantiamo il nostro sostegno, ma, con la stessa forza, con lealtà, con chiarezza, guardando negli occhi lei e parlando al Paese con il linguaggio della verità, noi le diciamo che valuteremo minuto per minuto l`operato del suo governo". Poi ha aggiunto: "Nel momento in cui forze politiche che hanno fatto proposte alternative agli italiani si uniscono in un patto di governo e di maggioranza, bisogna tenere la fronte alta e dire perché, spiegare perché". Poi ha sottolineto che "grande coalizione vuol dire che sull'orgoglio di partito ha prevalso il principio di realtà insieme all'amore per questo Paese". Una scelta dettata non dal "fatalismo rassegnato" ma dal "bene preziosissimo della concordia nazionale, del valore impagabile della pacificazione nazionale ed è il presupposto di una rinnovata coesione nazionale: strumento indispensabile per mobilitare tutte quelle energie che sono fondamentali per il superamento della crisi". Per Brunetta la pacificazione deve essere anche "giudiziaria" perché "c’è una parte della magistratura politicizzata. È una porzione piccola, ma ben strumentata e strategicamente collocata, sostenuta da un forte circuito finanziario ed editoriale. Questa fazione ha alimentato una battaglia atroce e squallida. Una battuta di caccia di frodo giudiziario, dove l'avversario politico è stato inseguito con qualsiasi arma. Questa minaccia è ancora attuale. E, con intelligenti e rapide riforme, va restituito lo spirito della Costituzione che vuole equilibrio e collaborazione tra istituzioni, ordini e poteri dello Stato".
"A che serve avere le mani pulite se le teniamo in tasca?". Roberto Speranza, capogruppo del Pd nella dichiarazione di voto alla Camera annuncia la fiducia al governo. "Ci sono passaggi - dice - in cui bisogna avere la forza di mettere l’interesse nazionale. Questo è un passaggio caratterizzato da una crisi economica senza precedenti, a cui si aggiunge una crisi di rappresentanza democratica, anche per una legge elettorale ingiusta, che è la prima cosa che dobbiamo cambiare. "Il Pd - aggiunge - farà la sua parte con coerenza e, come sempre, agirà nell’interesse del paese". Ed esprime poi la "gratitudine al leader Pierluigi Bersani". "Altri potevano stare sulla strada del cambiamento: mi viene in mente quello che diceva Don Milani: a che serve avere le mani pulite se poi si tengono in tasca?. Noi le mani non le abbiamo mai tenute e non le terremo mai in tasca perché c’è da salvare il Paese". Quanto alle larghe intese, "non ci rassegniamo a non parlare con tutti e a non far cadere i noi e voi. In questo abbiamo un faro, il Presidente della Repubblica Napolitano, per l’autorevolezza e il prestigio che dà al nostro Paese". "Noi - sottolinea Speranza - non cambiamo la nostra identità, restiamo alternativi al centrodestra ma pensiamo che in questo passaggio ci sia un forte bisogno di mettere davanti l’interesse per l’Italia". Da Speranza arriva quindi apprezzamento a Letta sul versante della Convenzione "il luogo giusto delle riforme non più rinviabili".
Scelta Civica esprime una "fiducia convinta e consapevole sulla scelta di responsabilità evocata dal presidente Napolitano" che ha portato alla nascita del governo Letta. Un
governo che per il capogruppo Lorenzo Dellai "può essere il vero governo del cambiamento" e della "buona politica che sa prendere le decisioni e prendere per mano i cittadini". Non è "l’inciucio dei conservatorismi", ma al contrario "incoraggerà le volontà riformatrici dei partiti che lo sostengono". E se "qualcuno dice che con questo governo si sospende la politica, noi pensiamo il contrario. È l’inizio del ritorno della politica, dopo una stagione di slogan e banalizzazioni, di scontri pregiudiziali che hanno segnato le inconcludenze di questi ultimi vent’anni". Nella dichiarazione di voto sulla fiducia, Dellai insiste sul tema della "pacificazione", che "non vuol dire che siamo tutti uguali, ma poter ripartire su basi nuove e più coesive anche nella dialettica. Un ciclo è finito e un altro non è ancora maturato, ma il Paese non può aspettare", perché serve "una ricostruzione morale, civile, istituzionale". Dellai non si nasconde che "la strada è in salita, ma è quella giusta. Su questa strada noi saremo esigenti ma anche leali e solidali. Nei primi 18 mesi che lei prudentemente ha fissato e ci auguriamo ben oltre questa scadenza".
"Tutto quello che oggi si prospetta di fronte all’Italia nasce da quella famosa frase, 'lo sa lui e lo sa l’onorevole Gianni Letta' detta dall’onorevole Violante affermando di
aver garantito le televisioni di Berlusconi e di conseguenza tutti i suoi interessi". È questa la chiave di lettura che Riccardo Nuti, vicecapogruppo del Movimento 5 stelle alla Camera, ha dato della nascita del governo Letta nella dichiarazione di voto alla Camera in cui ha annunciato il no del suo gruppo alla fiducia. Per il Movimento guidato da Beppe Grillo "un accordo di sistema fra i due principali partiti tiene sotto scacco il Paese". Poi ribadisce la linea già nota del proprio movimento: "Voteremo favorevolmente i provvedimenti che riteniamo di bene comune, quelli di reale cambiamento. Il nostro - ha detto ancora Nuti - non è un no a priori ma di chi non vuole cedere a uno squallido compromesso". "La fiducia - ha spiegato Nuti concludendo il suo intervento - è qualcosa che si conquista anche nella vita dimostrando di meritarla giorno per giorno. Resiste anche a singoli errori ma non si può accordare a queste forze politiche che hanno dimostrato di non voler cambiare ma solo di far finta di cambiare".
"La convenzione per le riforme dovrebbe essere presieduta da Stefano Rodotà e Sel presenterà subito una proposta di legge per regolare il conflitto di interessi". È Gennaro Migliore a pronunciare la dichiarazione di voto per Sel: "Per noi questo governo non era l’unico possibile, sono state sprecate delle occasioni, mi rivolgo anche al M5S. Ma anche all’interno del Pd qualcuno ha lavorato perché non vedesse la luce un governo di cambiamento". Quindi, Migliore si è rivolto direttamente al presidente del Consiglio: "Mi meraviglio che lei non abbia citato le cause della crisi, il mondo della finanza". Di sicuro, ha aggiunto, "non si è parlato di conflitto di interessi. Noi riproporremo il conflitto di interessi e chiediamo a tutti voi di votarlo". Infine, "perché non affidiamo a Rodotà la convenzione delle riforme? Non voglio che la convenzione sia nelle mani di
un politico che è stato in Parlamento per attaccare le istituzioni repubblicane".
"Un discorso ecumenico ma da libro dei sogni": con queste parole il capogruppo della Lega Nord alla Camera Giancarlo Giorgetti ha commentato il discorso di Letta, "pieno di buone intenzioni, alle volte onerose alle volte contraddittorie, ma senza politiche concrete risolutive dei problemi". Giorgetti ha annunciato l'astensione dei leghisti sulla fiducia al governo e ha spiegato: "Non remeremo a favore ma nemmeno contro, non è una fuga dalle responsabilità, non è una fuga dalla realtà, non oso nemmeno pensare a un governo che governi contro il Nord". Critico sul programma economico del governo, Giorgetti ha però aggiunto di aver "apprezzato un piglio deciso, ultimativo e chiaro sulla parte delle riforme, finalmente. Lo valutiamo favorevolmente. Ci interessa essere protagonisti da subito e per 18 mesi della stagione di riforme che si avvia con convenzione di riforme".
Fratelli d’Italia "non può votare la fiducia al governo, non crediamo nell’utopia delle larghe intese in un Paese in cui i partiti non riescono a condividere serenamente nemmeno un talk show". Lo ha detto Giorgia Meloni, che prima del voto ha tacciato l’esecutivo Letta "di avere troppe continuità con l’esecutivo Monti, compresa quella di mantenere un
banchiere sulla poltrona di ministro dell’Economia. Un governo che mette insieme il giorno e la notte - ha concluso - non può dare le risposte di cui il Paese ha bisogno, sarebbe un continuo compromesso al ribasso.
va nella Terza Repubblica ma si torna nella Prima. Ve lo chiediamo con un sorriso: non governate ad ogni costo, siate pronti a fare un passo indietro".
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