Fini usa Lavitola per la campagna elettorale

Spunta una lettera (mai spedita) del faccendiere. Il presidente della Camera: "Berlusconi corrompe". Bonaiuti: "Il Cav querela"

Fini usa Lavitola per la campagna elettorale

Ariecco la stranissima coppia: Walter Lavitola e Gianfranco Fini. Ci risiamo con i clamorosi retrosce­na dietrologici sull’inchiesta della casa di Montecarlo. Proprio nel pie­no del caso Sallusti esce una lettera asseritamente scritta dall’editore dell’ Avanti!a Silvio Berlusconi,let­te­ra di cui gli avvocati degli imputa­ti giurano non avere preso copia, ri­pescata dai pm napoletani dal pc di tale Pintabona, uno dei presunti «ambasciatori» di Walterino. Un elenco di «crediti morali» che l’ex giornalista sostiene di vantare nei confronti del Cavaliere. Fra i temi centrali, oltre alla compravendita di parlamentari per far cadere il go­verno Prodi, c’è il caso Montecarlo. Per Lavitola, Berlusconi gli avreb­be dato «400/500mila euro (non ri­cordo) di rimborso spese per la ca­sa di Montecarlo, dove io ce ne ho messi altri 100mila. Martinelli (pre­sidente panamense, ndr) ha contri­buito con 150mila euro, oltre che con il volo privato da Panama a Ro­ma (circa 300mila euro), quando Le portai i documenti originali di Santa Lucia (circa 300mila euro)». Quanto basta a far scatenare Fini che ospite di Lilli Gruber a La7, spa­ra: «Berlusconi è un corruttore, e se vuole mi quereli. La verità viene a galla, era tutto organizzato». E so­prattutto dice di provare «disgu­sto » per il Cav. Immediata la repli­ca. Paolo Bonaiuti annuncia che «Berlusconi ha dato ampio manda­to ai suoi legali di esperire tutte le più opportune e necessarie azioni giudiziarie. Stupisce che Fini fondi le sue opinioni su un documento il cui contenuto non è stato in alcun modo avvalorato dall’autore e non ha avuto alcun riscontro».Fini si di­ce «lieto. Ci vedremo in tribunale». Come al solito, mentre attacca ilGiornale , a Fini scappa un elemen­to nuovo e inquietante, relativo al documento di Saint Lucia che «chiudeva il cerchio» su quanto già emerso e mai contestato dalla pro­cura di Roma (che girò al largo dal merito dell’affaire monegasco,e in­dagò il leader di Fli solo il giorno pri­ma dell’archiviazione). Fini trop­po impegnato a gongolare, rivela: «Eravamo stati avvertiti. Altrimen­ti mi spiegate perché Bocchino di­ce quelle cose e parla di patacca?». La Gruber chiede chi li avesse av­vertiti e Fini, un po’ incerto,replica: «Sono stato ministro degli Esteri, qualche amico c’è, anche a livello di intelligence. Ci avevano avvisati che quel documento era falso e Boc­chino lo dichiarò in televisione ». In­somma, la carta «fornita dal gover­no di Saint Lucia», il documento che attribuiva a Giancarlo Tulliani la titolarità delle società offshore Ti­mara e Printemps, e dunque della stessa casa di Montecarlo, «è una patacca». Frutto di un episodio di «corruzione»checoinvolge,perFi­ni, uno Stato estero. E a «soffiare» a Fini l’origine non cristallina di quel memorandum sarebbero stati i no­stri servizi segreti. Quelli che, però, molti esponenti di Fli nei giorni cal­di dell’inchiesta evocarono comi­camente come fonti occulte della campagna del Giornale . I servizi,dunque, c’entravano, ma spiffera­vano a Fini, mica a noi. È da esclude­re che questa «confessione» sia da mettere in relazione con le amici­zie di Bocchino ( sorpreso ad aprile 2010 da agenti del Sismi mentre era in compagnia di una nota barba fin­ta sotto inchiesta per Abu Omar) co­me anche che tra gli «amici» citati da Fini «ministro degli Esteri» pos­sa esserci il suo ex capo di gabinetto Giampiero Massolo, ora coordina­tore proprio degli 007: all’epoca era ancora alla Farnesina.
Vale però la pena di ricordare, so­prattutto a Fini, che seppure il docu­mento
del governo di Saint Lucia fosse uscito dalla tipografia del­l’ Avanti! , questo non cambia la so­stanza dell’inchiesta del Giornale .
Una campagna fatta senza aerei pri­vati, senza cifre a sei zeri da spende­re per corrompere alcuno e senza mestatori o 007 «amici». Una cam­pagna giornalistica che ha raccon­tato ciò che né Fini né Lavitola né Berlusconi possono smentire. Os­sia che in una casa ereditata da An nel Principato di Monaco è finito a viverci suo cognato, Giancarlo Tul­liani, dopo una vendita a dir poco sotto costo da parte del suo partito a società offshore di Saint Lucia. Lo stesso Paese caraibico che adesso per Fini è un «nido» di corruzione andava bene alla sua An per vende­re l’immobile. Di certo, poi, con La­vitola non abbiamo mai lavorato, né a Roma né a Montecarlo né ai Ca­raibi, né chi scrive e ha seguito l’in­chiesta né Sallusti. Quest’ultimo anzi lo attaccò pubblicamente in tv, come ricorda lo stesso Lavitola a verbale al pm Woodcock: «Mi defi­nì uno Zanza, una cosa alla Sallusti, io con Sallusti dopo questa storia ho avuto varie occasioni di liti an­che telefoniche, l’ho anche cordial­mente mandato a quel paese, per cui lui non me l’ha perdonata».Ec­co perché Fini può dire ciò che vuo­le su Lavitola e sui suoi «scoop».Sul­la genuinità della nostra inchiesta giornalistica, taccia.

Altrimenti lo quereliamo noi.

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